Di Francesco Stefanelli Era il 1991 quando un gruppo di scapestrati della cittadina di Aberdeen, nello stato di Washington, delineò una nuova epoca musicale che si distaccava dalla corrente hair metal del decennio precedente. Era il 1991 quando uscì Nevermind dei Nirvana. La mente dietro all’opera che ha segnato una generazione era un giovane di nome Kurt Cobain, ragazzo atipico e fuori dal contesto ordinario, il cui sogno era di diventare una rockstar per sentirsi accettato nel mondo. Le sonorità che emergono dal disco rispecchiano a pieno la rabbia, il disgusto e l’infelicità del frontman verso una società che ormai voltava le spalle ai giovani, lasciandoli in balia di se stessi. Non a caso l’album si colloca in un contesto storico segnato dalla crisi economica negli Stati Uniti con conseguente aumento del tasso di disoccupazione, un aumento dei suicidi tra i giovani e un largo utilizzo di droghe pesanti come l’eroina. I Nirvana si sono fatti carico di tutta la frustrazione adolescenziale che non solo colpì il loro pubblico, appunto adolescenti, ma anche la band stessa, e l’hanno risputata in faccia alla società. A trainare il disco vi sono singoli iconici come la malinconica Come as you are, Lithium, che in un certo senso è un brano autobiografico sullo stesso Cobain dove mostra tutte le sue insicurezze, la frenetica In Bloom, e infine quel singolo che divenne un manifesto generazionale, un inno “anarchico” per tutti i reietti, ovvero Smells Like Teen Spirits. Quest’ultima imbraccia a pieno le atmosfere che vuole far provare il disco, che invita i disadattati “che odorano di Teen Spirits” a ribellarsi nei momenti più bui e a dar sfogo alle emozioni più represse.

 

di Francesco Stefanelli

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