Di Martina Di Lernia. A vent’anni percepisci che il mondo inizia a prendere sempre più forma, si comincia a capire come funzionano le cose e ci si accorge che si è una via di mezzo, non si è né troppo piccoli né troppo grandi. Si tira un respiro di sollievo dopo aver finito l’esame di maturità ma il tempo comincia a scorrere più velocemente, le strade cominciano a diversificarsi, c’è chi intraprende la non facile strada dell’università o chi si butta a capofitto nel mondo del lavoro, o ancora, chi si trasferisce… tutto sembra sgretolarsi.
Nel 2020, poi, la nostra generazione vive sotto un’ombra cupa: la tecnologia sembra avanzare sempre più velocemente e ha portato con sé anche l’era dei social network, che giocano un ruolo fondamentale nella vita di tutti, sono diventati al pari di una droga, non sappiamo più vivere senza, siamo sempre più ossessionati dal voler sapere e commentare quanto sia bella e perfetta la vita degli altri, che ci siamo dimenticati di goderci la nostra. Viviamo in questo mondo, eppure non lo conosciamo, è come se ci ritrovassimo in un’altra dimensione parallela, lasciando indietro una parte fondamentale che ci caratterizza: la nostra anima, quella che si raffina anche grazie alla cultura.
Oggi chi si butta nello studio delle materie umanistiche viene additato come “perditempo” perché, in questo mondo diventato fin troppo razionale, non c’è più spazio per chi vuole ancora sognare, o sentirsi completo e sinceramente felice nell’apprezzare l’arte in tutte le sue forme. Troppo frequentemente i ragazzi preferiscono trastullarsi in cose futili piuttosto che intraprendere un’avventura con un bel libro o passare qualche ora a meravigliarsi di un’opera d’arte in un museo.
Ma di chi è la colpa? Non si può dire che sia tutta della tecnologia: oggi molte pagine social e programmi cercano di sensibilizzare gli animi delle persone, cercando di invogliarli a visitare i musei, le città d’arte e ad apprezzare l’enorme tesoro che ci è stato lasciato, anzi, donato. Il problema è più radicale, probabilmente, complice anche la scuola: più passano gli anni e più le materie umanistiche vengono penalizzate, tra cui storia dell’arte e la questione è ridicola se si pensa che viviamo nel Paese che detiene il record per il maggior numero al mondo di patrimoni dell’umanità dell’ UNESCO. La scuola, ormai, non riesce più a stare al passo con i programmi e portare i ragazzi a visitare un museo è un lusso che non ci si può più permettere. Il problema reale è che oggi nessuno è disposto ad investire nella cultura e ai ragazzi non viene dato più alcuno strumento utile e concreto per far avvicinare, meravigliare e apprezzare spensieratamente all’arte, poiché essa si è ridotta ad essere solamente pura teoria riportata da un pesante libro da portare a lezione.