Di Noemi Proietti. Separazione, sospetto sulla fedeltà, una lite o gelosia e ci si sente legittimati ad agire.
Questo il caso di Roberta Siragusa 17 anni uccisa e data alle fiamme dal fidanzato
dopo un litigio di gelosia. I litigi nella coppia non erano mai mancati come anche
episodi di violenza, tanto che a giugno la ragazza aveva riportato un ematoma sul
viso. A quanto pare però a Roberta non era suonato nella sua testa quel famoso
“campanello d’allarme” nonostante stando alle testimonianze il ragazzo Pietro
Morreale 19 anni, aveva un atteggiamento di gelosia morbosa nei confronti della
fidanzata, tanto da impedirle di vedere i suoi amici.Una storia di crudeltà, di brama di possesso tipica di quella “ideologia di matrice
patriarcale” che si trova al centro della definizione di “femminicidio”, per questo
l’educazione è un’arma necessaria ma non sufficiente per affrontare il fenomeno. La
violenza non è mai meritata e va sempre condannata senza se e senza ma, bisogna
avere il coraggio di parlare, noi donne non dobbiamo sentirci terrorizzate di cambiare
il nostro futuro con le nostre mani. “Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato” Elie
Wiesel.
È la notte del 23 gennaio e la coppia aveva partecipato a una festa insieme ad altri
amici in una villa nelle campagne di Caccamo, dalla quale però Roberta non ha fatto
ritorno. La mattina seguente viene rinvenuto il corpo in fondo a un dirupo, un corpo
semisvestito e parzialmente carbonizzato, volto ferito e tumefatto. Secondo gli
inquirenti il ragazzo l’avrebbe tramortita con un pugno o con un oggetto contundente,
e avrebbe cercato di darle fuoco mentre era priva di sensi. L’autopsia ha confermato
che la morte è sopraggiunta per asfissia: la vittima è rimasta soffocata dal fumo del
suo stesso corpo che bruciava.
Femminicidio/Sotto la cenere ardono le braci della violenza