Di Mirko Vinci. “Sarei dovuto restare con Dio”. Tentare di dissezionare una delle menti più contorte, perverse e malate della storia, come se fosse distesa su un tavolo chirurgico, cercando di capire il perché di tali atrocità è un compito che spetta a chiunque si imbatta nella storia di . Una miniserie di dieci puntate uscita su Netflix e basata proprio sulla storia del serial killer cannibale che ha terrorizzato il mondo intero tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli anni 80, offre un quadro raccapricciante, talvolta nauseante, dei meccanismi che suggerivano all’ombra della mente di Dahmer di compiere gesta indicibili. Ryan Murphy, ideatore della serie e non estraneo al genere horror, offre uno spaccato di vita che è si una delle pagine più buie di cronaca nera mai esistite, ma anche un dialogo con un “io” interiore capace di far rabbrividire persino il più spietato tra gli assassini. L’infanzia è la fase decisiva nella vita di ognuno: ti forma, ti accarezza, ti insegna ed è fondamentale, decisiva per la persona che si sarà un domani. Una semplice carcassa di un animale morto nel giardino di casa e un bambino che ha appena iniziato ad affacciarsi al mondo e alla vita con tutte le sue possibilità sono stati gli ingredienti che hanno formato la psiche di Dahmer. Un semplice animale morto può indirizzare su un sentiero più oscuro di quanto si possa immaginare, perché in età adulta si è ciò che si è stati quando si era bambini, con tutti i traumi, le curiosità e le sensazioni che hanno accompagnato e forgiato quel periodo innocente. Da un lato il disgusto, per le atrocità commesse e la crudezza di come tali atrocità sono state rappresentate e dall’altro un innegabile senso di curiosità che ti tiene incollato allo schermo per cercare di capirne i meccanismi. Cannibalismo, necrofilia, tortura, droghe, omicidio: elementi che sono stati una costante nella vita di Jeffrey Dahmer, da cui ha provato a prendere le distanze per poi ripiombarci come se chiamato da un istinto primordiale. L’istinto dell’assassino che caccia e miete vittime e che conferisce a questa miniserie qualcosa che le altre non hanno: la realtà dei fatti e il dolore che ancora riecheggia nelle famiglie delle numerose vittime del serial killer. La lucidità è un altro elemento ancora più raccapricciante ad aver accompagnato questo bagno di sangue, una lucidità che in molti faticherebbero credere esistere dietro tali gesta, ma che ha sempre accompagnato Dahmer come una vecchia amica. Un’amica che gli ha persino suggerito che molto probabilmente, come da lui confessato, per il mondo sarebbe stato meglio se fosse rimasto insieme a Dio.
- Autore dell'articolo:Marco Palma
- Articolo pubblicato:18 Ottobre 2022
- Categoria dell'articolo:Spettacolo