Di Marialisa Boccia. “lei è squilibrata” “asino del giorno” “È davvero una leggenda?” “Si è fatta troppi nemici” “la sua carriera è finita”. “My name is Mo’Nique”, il film rilasciato il 4 aprile da Netflix e incentrato sull’omonima attrice inizia proprio così: con queste voci anonime che riecheggiano e circondando, quasi in un assalto mentale, la protagonista. Il lungometraggio si presenta come uno spettacolo di Stand up comedy, format che negli ultimi anni ha preso molto piede e che da la possibilità di toccare argomenti molto delicati senza risultare pesante. È in questo modo, infatti, che Mo’Nique racconta i drammi della sua vita: ridendo. Attraverso un linguaggio assai colorito (tipico della stand up comedy) e alla sua presenza frizzante e affascinante, la protagonista di “Strepitose Parkers” ha portato sul palco un’ apologia di se stessa, avendo il coraggio di mettersi a nudo e di raccontare alcuni aspetti della sua vita che l’hanno portata ad essere com’è. Grazie alla risata, gli spettatori si trovano a empatizzare con lei e vengono trasportati in un’altalena dove a picchi di allegria si alternano lacrime di consapevolezza. Il modo ironico in cui Mo’Nique racconta il suo passato, fatto di genitori assenti e problematici, di razzismo, di omosessualità repressa e di adulti pieni di difetti, colpisce come un pugno allo stomaco. È la storia di una donna forte, che non rinnega il suo vissuto ma che al contrario ha fatto tesoro di tutte le esperienze che le sono capitate, trasformandole in una lezione. Oggi lei è un’adulta che guarda indietro con lucidità e con un sorriso agrodolce.Il film ,inoltre, porta gli spettatori a ragionare su un pensiero: quello che si vede dei personaggi pubblici, corrisponde solo a una piccolissima porzione della loro personalità, e soprattutto a quello che loro vogliono che sia visto. Bisognerebbe evitare giudizi superficiali e insulti gratuiti, perché non si sa mai davvero cosa una persona possa aver passato o stia passando.