Di Valeria Biagi. Ci sono dei limiti alle immagini spensierate di un carcere minorile come una comunità solidale, che si abbattono come un fulmine sulle vite delle persone.
La realtà non è un gioco ed un film resta pur sempre un film, perciò il confine fra verità e finzione, seppur labile a volte, esiste.
Da un po’ di mesi a questa parte, i riflettori sono puntati in particolare sulla serie Rai/Netflix Mare Fuori. Ancora oggi, giovani ed adulti sono in attesa di novità sulla quarta stagione, ancora in produzione e fantasticano sull’idea di incontrare gli attori a Napoli oppure di visitare il luogo delle riprese a Nisida.
Fino a qui tutto bene; il problema inizia quando sempre più adolescenti desiderano addirittura commettere reati per entrare a far parte di un carcere minorile con l’idea di punizione in un IPM totalmente fittizia.
Dove si aspettano abbracci e consolazioni da parte dei compagni, ricevono invece insulti e confronti con l’ignoto; dove si aspettano permessi facili e visite periodiche, ricevono al contrario tanto tempo di attesa ed isolamenti, dai quali tornano segnati sia a livello morale che fisico; infine, dove si aspettano conforto e comprensione dal direttore e dal comandante, ricevono invece una grande delusione nel vedere che chiunque lì dentro non mostra un briciolo di pietà per i detenuti, perché dare confidenza in un istituto di disciplina del genere significherebbe scatenare una guerra di ribalta.
L’errore non sta tanto nella sceneggiatura della serie, perché se anche lontana dalla realtà, poggia comunque su delle basi educative e morali molto forti, in quanto insegna che gli ideali di amore e fratellanza sono superiori a quelli di durezza e forza che invece derivano dai così detti “camorristi”. Come illustrato nella serie, i genitori e l’ambiente in cui si vive non definiscono necessariamente chi sei, c’è sempre una scelta e una possibilità su un milione di cambiare.
Lo sbaglio sta dunque nella facilità con cui l’audience “credulona” non distingua ciò che è vero da ciò che è falso in televisione e si fermi solo agli effetti positivi. Bisogna dirlo: si tratta di una problematica che non si estende solo nel campo di Mare Fuori.
Ad ogni modo, parlando del caso specifico, non si può far altro che dare credito soltanto al titolo di questa serie, per quanto riguarda il confronto con la realtà. Il “Mare fuori” indica proprio l’idea di speranza di redenzione, pentimento e libertà che si evince però proprio fuori dalle mura del carcere, all’esterno, non dentro. Il resto, consideriamolo fantasia.