Di Andrea Sperduto. Se ad inizio stagione avessero detto a qualsiasi tifoso napoletano che il Napoli quest’anno avrebbe vinto il suo terzo scudetto nella storia del club con cinque giornate di anticipo probabilmente nessuno ci avrebbe creduto. Infatti molte critiche erano state mosse nei confronti del presidente Aurelio De Laurentiis riguardo soprattutto alle scelte fatte durante la fase estiva degli acquisti, le quali avevano generato un’atmosfera negativa nel capoluogo della Campania, come per esempio aver venduto tre giocatori top come Mertens, Koulibaly e il capitano Lorenzo Insigne rimpiazzandoli sostanzialmente con due scommesse, Kim e Kvaratskhelia, i quali però si riveleranno essere i due giocatori chiave di questo Napoli campione insieme ad un altro fenomeno, Victor Osimhen.
Non a caso De Laurentiis per il comando della panchina si è affidato ad uno degli allenatori italiani più forti del panorama calcistico europeo: Luciano Spalletti.
L’allenatore toscano era già stato vicino all’impresa di vincere il tricolore sulla panchina giallorossa totalizzando il record di punti nella storia del club (87) al comando di una delle migliori rose che la capitale abbia mai visto giocare e competere nella stagione 2016/2017, trovando però solo il secondo posto.
Chi s’intende di calcio sa che le squadre “spallettiane” sono prevalentemente di tipo offensivo, puntano a fare un bel calcio, caratterizzato da schemi tattici e anche da giocate individuali che esaltano la qualità dei singoli. Probabilmente quest’anno è stato proprio quest’ultimo elemento ad aver fatto la differenza, sia in campionato che in Champions League, portando il Napoli ad essere elogiato dai grandi del calcio, citando per esempio Pep Guardiola e Jurgen Klopp, gli attuali allenatori di Manchester City e Liverpool.
Spalletti ha completato il lavoro fatto in estate dalla Presidenza del Napoli: è riuscito a far diventare in poco più di un anno un ragazzo sconosciuto proveniente dalla Georgia un campione adesso voluto e desiderato dai più grandi top club d’Europa come Bayern Monaco, Manchester City ecc; idem con il suo bomber Victor Osimhen, il quale è reduce dalla sua miglior stagione realizzativa che ancora non si è conclusa e che potrebbe migliorarsi ulteriormente in queste ultime giornate di campionato, chissà magari raggiungendo quota 30 gol dai 22 attuali.
Una stagione superlativa, caratterizzata da fame, grinta e voglia di imporsi in qualsiasi stadio che hanno portato il Napoli a vivere notti magiche sia tra le proprie mura, come il 5-1 rifilato alla Juventus al “Maradona”, sia in altri paesi, come il 1-6 rifilato all’ Ajax nel tempio del calcio, ovvero la “Johan Cruijff Arena”.
Ora Napoli potrà godersi questo scudetto atteso per tre decenni, anche se chi ha fame veramente non è mai sazio del tutto, è il DNA del vincente, di colui che una volta raggiunto un obiettivo se ne pone uno più difficile da raggiungere del precedente, perché “uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli, non c’è altra via”, il motto celebre di Spalletti che infatti non a caso lo ha portato a vincere con la squadra rappresentata ancora oggi e che sempre lo sarà dall’uomo più amato dai tifosi napoletani ma anche uno dei più amati dai tifosi di calcio, Diego Armando Maradona.
Esattamente come 33 anni fa i destini di Napoli e Argentina si sono incrociati nuovamente oggi dal 1986-1987, e questo per noi amanti del calcio non è e non può essere solo una coincidenza, perché il calcio non è solo un gioco, è fede!