Di Edoardo Cafaro. Unici, inarrivabili, spaziali: oltre la leggenda. Cesare, Paolo e Daniel Maldini rappresentano una dinastia unica: per la prima volta nella storia della Nazionale italiana, infatti, 3 rappresentanti della stessa famiglia indossano la prestigiosa maglia azzurra. Nel caso specifico, a chiusura del cerchio, l’ultimo a vestirla è proprio Daniel, il quale ha esordito lo scorso 14 Settembre nella gara dell’Italia contro Israele. Immagini che commuovono gli animi più radicati degli appassionati di calcio, in cui le inquadrature balzavano fra l’ingresso in campo del giovane classe 2001 e il padre Paolo in tribuna, con occhio vigile e commosso per l’accaduto. Partendo da questo dato prettamente calcistico, però, ne possiamo ricavare un’accurata analisi sociologica e ad ampio raggio. Dal momento della convocazione in nazionale di Daniel Maldini è subito scaturito un vergognoso “tam tam” ovvero “è solo grazie al suo cognome, in quanto figlio del grande Paolo”. Un giudizio, un’etichetta davvero ingiusta profondamente irrispettosa nei confronti di un giovane ragazzo che ha solo voglia di crescere. Che Paolo Maldini sia stato il o uno dei difensori più forti di sempre è fuori discussione, ma ciò non deve assolutamente confondersi con  la vita personale e professionale di Daniel. L’etichetta del “raccomandato” è celere e troppo facile da attaccare nei confronti del figlio di un ex calciatore di rango altissimo, ma non sempre l’equazione è vincente a tutti i livelli. A tal proposito, infatti, la categoria dei “figli d’arte” presenta spesso degli estremi, in positivo o in negativo, in cui, in alcuni casi, i figli eguagliano i livelli dei padri (come nel caso della famiglia Chiesa), ma, delle volte questo non accade (l’esempio lampante è quello della famiglia Totti). Nel 2024, infatti, bisognerebbe essere in grado di scrollarsi di dosso rabbia, frustrazione ed invidia nei confronti di questi ragazzi, seppur fortunati, i quali hanno solo e soltanto voglia di esprimere la loro passione tramandata dai loro padri. Che il contesto familiare possa indirizzare, in alcuni casi più o meno volontariamente, le scelte dei figli, non rappresenta di certo una anomalia, ma non solo nel mondo del calcio, bensì in ogni ambiente. La scena più eclatante, a testimonianza di questa “normalità”, è quella in cui, nel momento in cui Daniel si apprestava a mettere piede in campo, sugli spalti la mamma era con il telefono in mano, riprendendo la scena. Questo, naturalmente, lo ritroviamo in ogni situazione quotidiana in cui una mamma vuole immortalare un momento unico del proprio figlio, a prescindere dal portafoglio o dalla nomea.  Dobbiamo esultare quanto di speciale ha fatto Daniel Maldini, raggiungendo un traguardo epocale con ampio merito e chi afferma il contrario, forse, non ha osservato attentamente le prestazioni del classe 2001 con il Monza in questa Serie A.

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