Di Andrea Gino CaccavielloNegli ultimi anni la musica ha vissuto una rivoluzione senza precedenti, un cambiamento che ha modificato non solo il modo in cui la si produce, ma anche come la

“consumiamo” e viviamo. Con l’arrivo dei nuovi formati digitali i vecchi CD hanno lasciato spazio agli MP3 prima e, successivamente, alle piattaforme come Spotify e Apple Music, che hanno reso l’ascolto molto più immediato ed efficiente. La cosa più positiva è sicuramente la possibilità di accedere a milioni di brani in pochissimo tempo, potendo spaziare da un cantante all’altro senza dover cambiare disco, ma ciò, inevitabilmente modifica il nostro stesso rapporto con la musica.Se da un lato l’avvento del digitale ha permesso anche ad artisti emergenti di pubblicare e far ascoltare le proprie canzoni con molta meno fatica rispetto agli anni passati, dall’altro si rischia in questo modo di andare incontro a un problema legato all’autenticità e alla qualità musicale. È evidente che  il panorama è invaso da una miriade di contenuti, molti dei quali qualitativamente non all’altezza e alla ricerca di futili consensi immediati.

Questo porta gli artisti, anche più affermati, a sacrificare la sostanza in favore della forma, creando un pericoloso

circolo vizioso di “musica usa e getta”.In questo scenario emerge una domanda fondamentale: la digitalizzazione ha contribuito a una perdita di profondità? La risposta è si, questa abitudine del consumo rapido e superficiale, tipica dello streaming, ha ridotto la capacità di ascoltare con attenzione e profondità, proprio come un’esperienza emotiva. Siamo di fronte ad un ascolto passivo e spesso frammentato, dettato da migliaia di playlist preconfezionate e continue possibilità di skip, che hanno sicuramente favorito la riduzione del tipico aspetto riflessivo e intimo che negli anni passati accompagnava l’ascolto di un album.Si è persa quella sensazione di “possesso” che in passato si provava nel momento in cui si acquistava e ascoltava un CD, sentimento che oggi non si prova più , sostituito dal flusso incontrollabile di brani su brani. Questa digitalizzazione ha sicuramente reso la musica più accessibile e ha dato la possibilità a tantissimi giovani di farsi ascoltare, ha però anche creato nuove sfide, sia artistiche ma, soprattutto, economiche.

L’unica cosa sicura è che la musica continuerà ad evolversi, sarà però fondamentale per gli artisti e l’industria trovare un giusto equilibrio tra innovazione e autenticità, per fare in modo che la nostra amata musica rimanga un mezzo di espressione creativa e non solo una merce da vendere. Al giorno d’oggi, il vero valore della musica deve stare forse nella sua capacità di emozionare, provocare e unire le persone. È l’arte che accompagna lo stare insieme e lo stare da soli, una musa ispiratrice per molti… una vera e propria ragione di vita per tante persone.