Di Laura Zogorean. Un recente episodio avvenuto a Napoli ha scosso l’opinione pubblica e acceso i riflettori su un tema spinoso e poco discusso: la violenza di genere nelle forze armate.

Una giovane soldatessa è stata vittima di un’aggressione fisica da parte di un suo superiore ed ex compagno, in circostanze che evidenziano dinamiche di abuso di potere in un ambiente ostile, che purtroppo, non rappresenta un caso isolato. Secondo le ricostruzioni, la soldatessa sarebbe stata aggredita durante un turno di servizio, in una situazione che doveva rappresentare un contesto sicuro e professionale, in cui la donna avrebbe dovuto svolgere senza paura, il lavoro ottenuto con grandi sacrifici. L’aggressore, un collega più anziano, avrebbe reagito in modo violento a seguito di una delle molteplici discussioni, seguite da minacce e insulti.

L’episodio non è un mero fatto di cronaca da riportare sulla carta stampata, bensì il simbolo di un problema più ampio che riguarda la difficoltà per molte donne di operare in ambienti tradizionalmente dominati dagli uomini, come quello militare.

L’aggressione appena riportata non può essere trattata come un evento isolato, quasi canonico, si inserisce invece in uno scenario molto più vasto di discriminazione e violenza di genere. In ambiti come quello delle forze armate, spesso si riscontrano dinamiche di prevaricazione che rendono difficile per le donne affermarsi come pari, senza dover subire pressioni psicologiche, commenti sessisti, molestie verbali o nel peggiore dei casi, atti di vera e propria aggressione fisica. Questo clima ostile è dovuto ed alimentato da stereotipi culturali che vedono il sesso femminile come meno adatto ai ruoli di comando o alle mansioni operative.

Le forze armate, che dovrebbero rappresentare un baluardo di disciplina e rispetto, non possono e non devono, ignorare queste problematiche. L’obiettivo deve essere quello di creare un ambiente sicuro, dove ogni individuo indipendentemente dal genere, possa svolgere il proprio ruolo senza timori .