Di Ilaria Luzzi. In Italia, a partire da gennaio 2025, sono nove le vittime di femminicidio: donne uccise per mano di uomini che si sono sentiti legittimati a interrompere le loro vite, come se queste valessero meno delle loro. Questi nomi dovrebbero pesare come macigni sulla coscienza di ognuno di noi, affinché nessuna vittima resti solo un nome in una lista in continua crescita, perché una soluzione è possibile.
Le donne sono stanche di vivere in costante stato d’allerta, temendo che un giorno saranno ricordate non per ciò che hanno realizzato nella loro vita, ma per essere state vittime della crudeltà di un uomo. La morte di Ilaria Sula, 22 anni, uccisa barbaramente dal suo ex fidanzato lo scorso 25 marzo, è l’ennesima testimonianza di quanto il femminicidio sia una tragica e dolorosa realtà. Le donne vivono in una gabbia invisibile, costruita da un sistema che le condanna alla paura, costringendole a guardarsi le spalle a ogni passo e a diffidare persino delle persone più care, in un mondo dove ogni giorno la loro libertà viene negata. Il femminicidio è un problema radicato in una cultura patriarcale che vede gli uomini come forti e potenti, sempre un gradino sopra le donne, considerate fragili e facilmente manipolabili. Non tutte le donne sanno però di possedere un potere che potrebbe arginare almeno in parte il problema. Un potere che non risiede in una mano armata, in un pugno che colpisce un volto o in un gesto che tappa una bocca in cerca di aiuto, ma nell’educazione al rispetto e nella costruzione di una cultura di uguaglianza.
Educhiamo questi uomini, spieghiamo loro che la libertà di una donna non è una minaccia, ma un diritto inalienabile. Genitori, insegnate ai vostri figli che una donna non va inseguita, minacciata, violentata, uccisa, e che il modo in cui è vestita o un suo rifiuto non saranno mai giustificazioni per nessun tipo di violenza.