Di Laura Zogorean. Per Ilaria, Sara, Laura, Sabrina, Eleonora, Giulia, per tutte; è così che la voce dell’università di Tor Vergata chiede giustizia per le undici ragazze che da inizio 2025 sono state vittime di femminicidio.
Nella mattinata del 7 aprile 2025, la sede della facoltà di lettere e filosofia è stata tappezzata di manifesti e cartelloni contenenti forti messaggi di rivalsa, come “volevi fossi una di meno, guardami oggi sono una di più”, nel nome di tutte le vite che sono state brutalmente e ingiustamente spezzate in soli quattro mesi dall’inizio dell’anno ed ha accolto un’assemblea che ha deciso di far rumore attraverso un grido disperato affinché le istituzioni si impegnino a contrastare e prevenire un fenomeno sempre più tristemente diffuso: la violenza di genere. È fondamentale ricordare, per quanto sembri assurdo doverlo ribadire per l’ennesima volta, che essa non si limita a schiaffi lividi o nel peggiore dei casi all’atto estremo del femminicidio. Si tratta di qualsiasi forma di sopraffazione fisica, sessuale, psicologica o economica esercitata su una persona in quanto appartenente al genere femminile.
A manifestare era presente un’ampia presenza femminile a dispetto di una presenza maschile decisamente insufficiente, un campanello d’allarme a dir poco preoccupante perché è doveroso tenere a mente, che i primi a doversi schierare in questa battaglia per rendere il diritto alla vita e alla libertà in via definitiva inviolabili, sono gli uomini.
Secondo quanto riportato da une delle organizzatrici dell’assemblea, l’ateneo aveva proposto al comitato due miseri minuti di raccoglimento in onore delle vittime, silenzio che è stato rifiutato perché le donne sono stanche di rimanere inermi e in silenzio davanti ad uno scenario in cui è quotidianità leggere di abusi e violenza a causa di squilibri di potere radicati nel tempo. Essere donne, oggi come ieri, è difficile, sembra quasi che si debba lottare per esercitare professioni “da uomo” o per studiare senza dover ascoltare commenti maschilisti come “sei brava per essere una donna”.
Si continua a lottare e non si smetterà di farlo finché a fine anno il numero delle vittime non sarà pari a zero, si continuerà a lottare fin quando le molestie e gli abusi smetteranno di essere giustificati da “dovevi aspettartelo, eri vestita in modo provocante” e si continuerà a manifestare finché non verremo ascoltate da chi di dovere; perché stando ai fatti viviamo in una realtà in cui le istituzioni hanno le mani macchiate del sangue di chi poteva essere salvata, non fare nulla per impedire ad una madre e ad un padre di seppellire la propria figlia prima del tempo è paragonabile al commettere il reato in prima persona.
Quindi se da una parte le istituzioni devono finalmente iniziare a mobilitarsi, il cambiamento passa anche da iniziative civili ma soprattutto studentesche, come quella dell’università di Tor Vergata, che non può rimanere un evento fine a sé stesso, ma deve essere preso da esempio. I ragazzi e le ragazze di oggi devono smantellare una cultura patriarcale stantia e obsoleta attraverso un cambiamento profondo nella mentalità, per costruire un futuro sicuro per tutti e tutte, privo di discriminazioni di qualsiasi tipo, in cui la violenza non potrà più essere la risposta.