Di Ilaria Luzzi. Negli ultimi anni si è registrato tra le donne un boom di iscrizioni ai corsi di arti marziali e di difesa personale: se da un lato questo significa abbattere lo stereotipo di genere per il quale una donna non è adatta a quei contesti, dall’altro rappresenta un campanello d’allarme, un urlo silenzioso che grida che le donne non si sentono sicure.
Viviamo in un Paese in cui per le donne è diventato impossibile vivere senza il timore di essere aggredite. Qualsiasi donna dovrebbe sentirsi sicura ovunque e a qualunque ora, ma mentre si prova a raggiungere faticosamente questo obiettivo, si continuano a registrare casi di violenze e femminicidi. Secondo recenti statistiche, in Italia circa una donna su due ha subito almeno una volta nella vita qualche forma di violenza o molestia. Così, mentre la società cambia fin troppo lentamente, le donne sentono il bisogno di acquisire strumenti per la propria sicurezza, rifiutandosi di stare immobili nella speranza di non incontrare mai il loro aguzzino.
È la paura di morire la molla che scatta quando una donna decide di iscriversi a corsi di autodifesa.
“Sprono le ragazze a fare uno sport di combattimento, perché sapersi difendere è importante” afferma Marlen Cirignaco, campionessa pugliese di kickboxing, in un’intervista di gennaio 2024. Bisognerebbe domandarsi se ad oggi sapersi difendere per una donna, oltre ad essere importante, è diventato anche necessario.
Spesso le donne, anche giovanissime, si avvicinano a queste discipline spinte dalla paura, dal desiderio di rivalsa o a seguito di un evento traumatico in cui si sono sentite private della loro libertà. Le arti marziali e i corsi di difesa personale permettono alle donne di riconquistare la loro dignità di esseri umani, partendo da loro stesse, assumendo una nuova consapevolezza riguardo il loro corpo e riacquistando una forza che fin troppe volte è stata negata loro di avere.
La voglia di farsi giustizia da sole è tanta, ma la rabbia decidono di incanalarla in un qualcosa che le liberi dal pensiero che, da sole, saranno sempre in pericolo.
Se da un lato questi corsi rappresentano una soluzione immediata e concreta, il problema di fondo rimane, perché esso è culturale, radicato in una società fatta di dinamiche di potere ineguali.
La sicurezza delle donne però non dovrebbe preoccupare solo le dirette interessate, ma essere una responsabilità collettiva. La vera soluzione arriverà quando l’obiettivo sarà comune, quando nessuna donna dovrà trovare escamotage per sentirsi sicura al pari di un uomo.
Di strada ce n’è ancora tanta da fare, mentre le donne imparano a difendersi e a riacquistare la fiducia in sé stesse, uniamoci tutt* nel costruire una nuova società basata sull’educazione contro la violenza, la parità di genere e il sostegno alle vittime.
Femminicidio/ Quando uno sport ti salva la vita: emancipazione o necessità?