Di Beatrice Pastore.Il calcio come qualsiasi altro sport è un vero e proprio maestro di vita poiché di fatto lo sport ci trasmette valori che non serviranno solo su quel campo, in quella gara, in quella partita ma ci serviranno nella nostra vita di tutti i giorni. La scelta dell’attività sportiva è mossa da pura passione, scegli di giocare a calcio, scegli di fare tennis, pallavolo, atletica… perché ti piace, ti fa sentire bene, senti che sei bravo e quindi magari anche riconosciuto.Lo sport è una macchina complessa fatta di tanti lati stupendi ma al tempo stesso di tanti lati oscuri. Il calcio in particolare è uno degli sport più praticati e seguiti, soprattutto in Italia, tant’è che noi i calciatori professionisti non li vediamo mai come delle “persone comuni” ma diventano nel nostro immaginario come dei veri e propri “supereroi”, che tra lusso e ricchezza non possono avere i nostri stessi problemi. Vediamo spesso solo il lato bello che questi calciatori vivono, il sogno di ogni bambino raggiunto, la fama, le macchine costosissime, la notorietà, l’attenzione mediatica, permettersi tutto quello che si desidera. Poi pensate ai giovani ragazzi di 19/20 anni che si ritrovano con uno stipendio di milioni di euro, con il sogno realizzato per il quale hanno sacrificato molto della loro vita, noi tutti diremmo avranno raggiunto la perfezione, cosa vogliono di più?
Vivono la vita che hanno sempre sognato e quella che forse noi invidiamo sotto certi aspetti.Tradotto questo vuol dire avere una quotidianità perfetta, ma il pensiero comune non va mai oltre; ci si ferma alle apparenze ma non si va mai fino in fondo. Come tutti noi i calciatori hanno le loro paure e insicurezze, sono persone fatte di carne ed ossa. In molti casi i calciatori in giovane età si trovano a lasciare la propria famiglia, a dover rinunciare al periodo dell’adolescenza, a sacrificare la propria vita per quell’oggetto sferico che rappresenta il sogno di una vita. quindi la vita di un calciatore non è solo il bello che ne deriva ma tanto altro ancora sul quale ci si riflette ben poco a mio avviso, forse per paura di far cadere molti idoli, forse perché i soldi sono quello che più conta, forse perché siamo affascinati dal lusso e dalla vita che essi si possono permettere ma che ne è della persona? Il pallone è il chiodo fisso intorno al quale dipende l’umore e l’autostima dell’atleta. Ecco perché si sono sentiti casi di calciatori caduti in depressione. Questo può accadere all’inizio, quando un giovane ragazzo si trova ad un passo dal raggiungimento del suo amato sogno, viene prelevato da una squadra professionista e inizia ad assaporare le prime conquiste, i primi soldi, il proprio nome scritto sui giornali o urlato a gran voce dai tifosi. Ma quel ragazzo si trova magari capovoltato nel giro di pochi mesi in una realtà nuova lontano da casa, lontano dalla famiglia e dai propri affetti. La sua vita è allenamento, studio e quel ritorno nell’albergo a dormire e riposare e magari passare il tempo libero a giocare davanti ad un videogioco. Un circolo senza fine, monotono, fatto anche di tanta solitudine; e siamo sicuri che possa piacergli ogni giorno? E se c’è una cosa che può mandare tutto a rotoli è soprattutto un infortunio che blocca momentaneamente il sogno. Un buco nero per chi vive solo di calcio. Il buio può arrivare anche dopo, quando si è già calciatori affermati. Chi non riesce a fare i conti con la pressione delle aspettative e con gli attacchi della stampa. Svegliarsi la mattina seguente la partita, quando la propria squadra ha perso magari per un tuo errore e trovare il tuo nome sul giornale . Buona prestazione, sei forte e acclamato. Brutta prestazione, settimana da incubo. C’è sempre poi l’insidia dell’evento esterno, come la morte di un caro o un problema in famiglia.Un giorno passi dall’essere l’idolo dei tifosi all’essere sostituibile perché c’è un altro più forte di te o perché magari hai subito un infortunio, hai sbagliato un rigore decisivo che ti può gettare nell’abisso. Non ci possono essere battute di arresto e se ci sono devi essere più forte di tutto e tutti, soprattutto dei giudizi di milioni di persone che giudicheranno la tua persona e la tua vita. Questa è la vita del calciatore. Siamo sicuri sia così semplice? E se durante la carriera nessuno di questi problemi si è manifestato, il momento dal quale nessuno può scappare è quello definitivo dell’addio al calcio giocato. Cosa fare dopo, se fino a quel momento si è dedicato ogni giorno al calcio? Per la mia famiglia valgo ancora? Nonostante le morti e i casi numerosi di calciatore depressi, sono troppo pochi, ancora, coloro che trovano il coraggio di parlarne, di ammettere le proprie difficoltà e le normali insicurezze. Mostrarsi fragili in questo mondo, caratterizzato sempre di più da prove di forza, da muscoli da mostrare, dalla perfezione può comportare la fine di tutto. In fin dei conti quale squadra accetterebbe di credere ancora su un calciatore che ammette di avere problemi di stress?