Di Gabriele Brunetti. “Non sapete aspettare”, “volete tutto subito”, “non sapete annoiarvi”.
Quante volte la nostra generazione si è sentita dire frasi di questo tipo. È vero, noi giovani corriamo, corriamo velocissimi inseguendo una società che va più veloce di noi. Non sappiamo aspettare, goderci i momenti prima che arrivi qualcosa perché pensiamo già al dopo, come se il presente non fosse importante. Siamo la generazione che video di 15 secondi sono troppo lunghi, e quindi via subito con un altro.
Ebbene, io ho sperimentato cos’é l’attesa. Da quel lontano aprile del 2023 sono passati 2 anni. Due lunghissimi anni. Sono riuscito a fare la maturità, ho preso la patente, ho iniziato a fare il laboro dei miei sogni. Eppure è sempre mancato qualcosa, un luogo preciso: lo stadio. In quel aprile commisi un errore Cher mi ha tenuto lontano dal luogo dove un giorno vorrei lavorare per 2 anni. L’attesa si è fatta sentire, e anche tanto. Passavo le notti a pensare come sarebbe stato, il boato del pubblico, l’ansia degli ultimi minuti. Sapevo che prima di tornare lì, fuori in fila per inserire il biglietto nel lettore, mi sarei fatto il segno della croce, come in chiesa. Può sembrare blasfemo, ma per me la mistica è la stessa.
Da quel giorno sono cresciuto, ho imparato e sperimentato, conosciuto persone e aperto gli occhi su altre, vissuto esperienze indimenticabili ed emozioni che porto ancora oggi con me. Ho sbagliato, ma se oggi sono la persona che sono lo devo anche a quell’errore e tutti gli altri che ho commesso. Quindi sì, aspettare non è sempre un male, perché di permettere di maturare, di farti capire quanto siano importanti le cose che abbiamo, ti permette di pensare al presente e, per una volta, rallentare un pò.