Di Chiara Rivieccio.
Valigia pronta, biglietti presi e via di corsa in aeroporto per partire verso una nuova meta.
Peccato che, una volta arrivati, ci venga comunicato che l’aereo è pieno, e che non possiamo partire su quel volo. Questa è ne più ne meno la gioia dell’overbooking, pratica tanto cara alle compagnie aeree quanto odiata (giustamente) dai passeggeri.
Si tratta di un sistema per cui, dopo attenti studi statistici sul numero di passeggeri che mediamente dopo aver acquistato un volo non si presenta per la partenza, le compagnie vendono un numero di biglietti maggiore dei posti realmente disponibili.
Parliamo dunque di studi statistici ma sappiamo bene che, nella realtà, si tratta di un qualcosa basato né più ne meno che su una probabilità. E dunque se il giorno della partenza tutti i passeggeri che avevano acquistato il biglietto si presentano al check-in, tutti con qualche impegno improrogabile?
A quel punto parte la caccia da parte dei malcapitati addetti aeroportuali di qualcuno che, volontariamente, dietro pagamento di un rimborso, accetti di essere spostato su un volo successivo. Ma questa possibilità, a meno di essere particolarmente fortunati, e trovare qualcuno che doveva andare a far visita a sua suocera, è molto rara.
Nel peggiore dei casi sarà la compagnia stessa a dover individuare qualche passeggero “sacrificabile”, secondo qualche asettico criterio commerciale.
Sì perchè le ragioni dietro a queste scelte sono sempre economiche.
Nessuno ha mai tempo di fermarsi a pensare nemmeno un secondo che dietro quella prenotazione c’è una persona, un uomo o una donna con una storia, e per cui magari prendere quel volo era qualcosa di davvero importante.
Un padre che deve tornare dalla sua famiglia, un giovane innamorato che desidera solo correre dalla donna amata, una coppia di sposi che devono celebrare il loro matrimonio, una persona che deve andare ad un’importante riunione di lavoro, o a sottoporsi ad un’importante esame medico.
Perchè in fondo è un po’ questo il fascino degli aeroporti, decine e decine di persone, di tutte le età, di diversi paesi e culture, che si incrociano lì, per qualche minuto, con il loro bagaglio di sogni e di sentimenti. Molti spinti dal desiderio di partire, altri da quello di ritornare.
Destini che si incrociano all’interno di un terminal e che una volta decollati, raggiungeranno le più disparate parti del mondo. Mete di vacanze da sogno, grandi metropoli, destinazioni ancora poco conosciute, luoghi di pellegrinaggi, o più semplicemente, casa. Non per forza intesa come luogo di residenza, ma come quel posto dove ognuno di noi, in fondo al cuore, si sente davvero a casa. Dove ogni volta che parte, qualunque sia la destinazione, anche il posto più bello del mondo, dopo un po’ sente la necessità di ritornare.