Di Vito De Lisio. Dal 7 novembre torna nelle sale Edward Norton che, nella doppia veste di regista e attore, è il protagonista di Motherless Brooklyn. In questo noir vediamo Lionel Essrog, detective affetto dalla sindrome di Tourette, indagare sulla morte del suo mentore Frank Minna (Bruce Willis). Mentre scava tra i segreti di Brooklyn per risalire alla verità però, emergono inquietanti verità e giochi di potere che potrebbero cambiare le sorti della città stessa. Tralasciando misteri, indagini e colpi di scena di cui il film è sicuramente intriso ma che non eccellono in originalità, ciò che colpisce fin da subito è la raffinata regia di Edward Norton, che da movimento alla storia e ci regala inquadrature iconiche. Il punto più interessante che lega l’intera trama è però il rapporto che Lionel ha con la sindrome che lo affligge, e come questa lo porti spesso ad essere visto per ciò che non è: un pazzo, un folle, a discapito di un uomo brillante e sensibile.
Il reparto musicale è il vero fiore all’occhiello di questa pellicola e ci catapulta dai primi minuti nella New York degli anni 50. É il Jazz, che accompagna tutta la vicenda: prima vibrante, vivace, poi dolce e ancora misterioso. Ed è proprio all’interno dei locali Jazz dell’epoca, che il film tocca uno dei temi più interessanti. Lionel ci regala un’improvvisazione vocale involontaria causata dalla sua sindrome, che definisce allora come una parte di sé anarchica e razionale al tempo stesso. Ma, alla fine, non è proprio questa l’essenza del Jazz? Una musica che controlla la tua mente con note che cercano di uscire in ogni momento. Un’apparente anarchia legata però da un ordine razionale, da una precisione chirurgica.
Cosi la sindrome si lega inesorabilmente alla musica e lo strano, il “pazzo”, diventa artista.