Di Lorena Naldi
Il sangue è sangue , si dice soprattutto al Sud. Il sangue di chi in passato ha ucciso, spacciato droga; padri di famiglia che crescono i propri figli su uno scenario di violenza , omertà, sopraffazione: un destino già scritto, stabilito, al quale difficilmente possono opporsi.
Si parla di figli che hanno nel loro DNA lo stesso della loro famiglia mafiosa. Bambini che invece di giocare vanno a trovare il padre nascosto in un bunker, invece di giocare a palla imparano a sparare. A soli 14 anni vengono battezzati per diventare futuri uomini d’onore, lasciando la scuola che del resto hanno sempre mal frequentato
Sono vittime innocenti destinate a seguire le orme dei genitori a meno che qualcosa riesca a spezzare la catena che li tiene inevitabilmente legati alla propria famiglia. Ci sono stati episodi, di madri che hanno allontanato i propri figli dal mondo della mafia , educandoli alla vita e figli di ‘ndranghetisti, camorristi, che sono riusciti a scegliere la retta via ,gridando a voce alta :” Io non sono come mio padre , no ai clan!” e chi invece è rimasto impigliato nelle mani della potente mafia.
Sono tanti i giovani che sono legati a questo fenomeno ,dalla Sicilia alla Calabria fino a Roma e al Nord Italia. Un esercito di ragazzini cresciuto all’ombra dei clan ,pronti ad emigrare, pronti a morire o uccidere. Quasi sempre per droga, per i soldi o per il solo fascino del potere.
I figli della mafia sono quei bambini e quegli adolescenti fondamentali per le organizzazioni criminali: non sono educati all’emozione , sono coloro che possono essere usati come pedine che rappresentano il futuro della criminalità. Coloro che fin da quando sono ancora in culla sono presenti nei vari incontri tra i membri della cosca, che respirano l’odore di polvere da sparo e giocano con le pistole vere.
Esattamente come i figli dei terroristi , usati per uccidere. Scene di un bambino che gioca alla guerra , con in mano una pistola. Sono usati come serbatoi di esplosivo, arruolati con macabro inganno ignorando in cui vengono attratti e sospinti. Bambini utilizzati come merce , come futura carne da macello, che ubbidisce e esegue e non sa il male che procura.
I figli dei boss mafiosi, vengono al mondo giá con l’idea che per onore sia giusto uccidere , vivono tra impulso e freddezza , alcol e droghe. Vengono utilizzati come oggetti, merce di scambio; non hanno un futuro, e non hanno chi li educa ai valori, con affetto , ma che crescono con genitori assenti, violenti , che gli insegnano loro la legge della sopraffazione . Sono coloro che hanno imparato a non avere paura perchè minacciati e picchiati in casa , non possono e non vogliono andare a scuola perchè sono impegnati a svolgere attivitá illecite per sopravvivere, operano nell’ombra, avvolti da una cornice del silenzio di mamme e papà omertosi.
Figli di tutti e di nessuno , educati all’illegalità, allenati a diventare guerrieri, si sentono potenti e non hanno paura. È questa la forza della mafia , fa leva sulle carenze di questi piccoli bambini soli, che diventano adulti troppo in fretta, senza limiti ne confini,che si muovono dentro un contenitore che neanche loro realmente conoscono. Erano troppo piccoli , incapaci di intedere e di volere quando sono stati arruolati e cresciuti fin dai primi passi per diventare dei veri e propri killer e criminali. Droga,estorsioni, omicidi queste sono le attivitá per cui sono addestrati, rischiando la vita. I figli della mafia non si nascondono e si divertono a sfidare uno stato troppe volte inerme davanti ai loro traffici.
I genitori negano loro quella fanciullezza mite e quiete , senza un domani di costruirsi un futuro radioso con le proprie mani. Un’infanzia violata, una negazione aberrante: di diventare uomini e donne cominciando da un’ infanzia serena.