Di Cecilia Cerasaro. In questi anni si è parlato, molto spesso a sproposito, di populismo. Il populista per eccellenza, in Italia, è Matteo Salvini, il leader della Lega, anche se atteggiamenti simili al suo sono stati fatti propri da molti politici nostrani, come Giorgia Meloni, Beppe Grillo e Luigi Di Maio, Matteo Renzi etc… Ma allora che cos’è, con esattezza, il populismo?
L’espressione dispregiativa si usa per riferirsi ad una classe di demagoghi emergenti, la cui propaganda si basa su una retorica falsa volta a farli apparire vicini al popolo, alle sue ragioni e al sentimento di orgoglio nazionale che, in teoria, dovrebbe appartenere all’italiano medio. I populisti sono accusati di fare leva sulla rabbia e sulla paura della gente comune.
Ma nell’incertezza del mondo contemporaneo essere spaventati o indignati è fisiologico. E i politici devono preoccuparsi della sicurezza fisica ed economica dei cittadini, così come della loro felicità. Solo che non sempre è facile trovare i responsabili reali dei nostri problemi. E ancora più difficile è affrontarli, una volta individuati.
Il populismo, italiano e non, fornisce alle persone nemici da combattere, che non sono – sia mai – la classe dirigente corrotta, la mafia e i grandi evasori che fanno aumentare il debito pubblico italiano e che sottraggono fondi ai servizi, né i potenti del mondo che in accordo con le multinazionali distruggono l’ambiente o muovono guerre, disseminando morte e povertà. Agire contro questi nemici sarebbe efficace, ma riuscire nell’impresa è difficile, per non dire utopistico.
E allora i populisti scelgono degli obiettivi più facili, più indifesi e più poveri. Li gettano in pasto all’opinione pubblica per mostrare il loro potere di azione come capri espiatori per poi abbattersi su di loro in una dimostrazione di forza inutile, o efficace solo per mantenere il consenso.
Ecco dunque Salvini postare video in cui citofona a ragazzi di origine tunisina perché in quartiere si dice che spaccino, affermare che le donne immigrate abortiscono sei volte all’anno perché conducono vite incivili, dipingere gli immigrati come degli approfittatori e trattenerli per giorni sulle barche pur di non farli sbarcare in Italia, ma anche mandare i propri ministri al Congresso della famiglia di Verona, per non lasciare in pace nessuna delle minoranze del paese.
Se i populisti non ci fossero, non si spiegherebbe come mai la paura e la rabbia degli italiani abbiano sempre come preciso obbiettivo, fra tutti quelli possibili, la novità e il cambiamento, trasformandosi in xenofobia e tendenze reazionarie.
I populisti non interpretano la pancia della Nazione, né che dicono quello che altri non hanno il coraggio di dire. Piuttosto creano delle rappresentazioni della realtà che ogni singolo individuo sceglie di prendere come riferimento.
E a ben vedere è proprio il concetto di “popolo”, inteso come ipotetica massa di persone senza volto al quale vengono attribuiti nel pensiero comune basso ceto sociale e condizioni economiche precarie dalle quali deriva una scarsa istruzione, ad essere una costruzione menzognera. Gli elettori dei populisti hanno profili molto più variegati di ciò che si pensa e non sono una folla indistinta, ma singoli cittadini e individui ognuno con le proprie motivazioni, accomunati solo dal bisogno di attribuire al “pensiero comune” la propria rabbia ingiustificata e non ragionata contro i più deboli, a costo di sacrificare l’immagine della loro amata patria. Come a dire: “non sono io ad essere xenofobo, è l’Italia”.
Il populismo di Salvini e di tutti gli italiani