Di Chiara Rivieccio
E’ un tabù tutto giapponese: il tatuaggio. Proprio li dove è nata una tradizione millenaria e che oggi sta vivendo un’inversione di tendenza e quindi di cultura
Prima era la moda dei tribali, poi delle citazioni d’autore e infine negli ultimi anni è esplosa quella degli ideogrammi giapponesi. Perchè si sa che i tatuaggi, così come tanti altri fenomeni di costume, sono influenzati dalla moda del momento. E la moda degli ideogrammi giapponesi, del modo di comunicare “rubato” ad una cultura così lontana e per questo così affascinante, sembra far fatica a tramontare.
Ma siamo proprio sicuri che i giapponesi, detentori di una tradizione millenaria nell’arte del tatuaggio, siano così orgogliosi di questo nostro spirito di emulazione?
Infatti oggigiorno, nel paese del sol levante, questa usanza non è assolutamente vista di buon occhio, ma anzi ha una connotazione negativa associata al mondo della criminalità.
Motivo principale di questa avversione dei giapponesi verso questa forma di arte è l’associazione diretta che viene fatta tra i tatuaggi e la Yakuza, la famosa e pericolosissima mafia giapponese: infatti è pratica comune, fra i suoi affiliati, tatuarsi tutto il corpo in segno di appartenenza.
Ma le radici di questa accezione negativa sono ancora più lontane nella storia, infatti già alla fine periodo Edo (1800), i tatuaggi erano utilizzati per marchiare a vita i criminali, in modo che fossero riconoscibili e venissero estromessi dalla vita pubblica.
Questo legame tra criminalità e tatuaggi è rimasto indissolubile agli occhi dei giapponesi nel corso dei secoli, tuttavia oggigiorno sono socialmente accettati.
Ma ciò nonostante, in moltissimi luoghi pubblici dove è previsto mostrarsi nudi o comunque poco vestiti, l’accesso alle persone tatuate è vietato con tanto di cartelli esplicativi.
Nelle palestre, nelle piscine, o nelle tradizionali onsen, le antiche terme giapponesi, non è ammesso l’ingresso a chiunque abbia un tatuaggio a meno che non sia di piccole dimensioni e venga coperto. Allo stesso modo non viene permesso l’accesso alle docce negli hotel che hanno bagni comuni, come per esempio i capsule hotel.
I capsule hotel, una delle tante stravaganti creazioni giapponesi, non sono altro che alberghi costituiti invece che camere, da vere e proprio capsule, grandi non più di un metro per due, dove chi vi soggiorna può solo stare steso in quell’esiguo spazio per dormire e guardare la televisione. Invenzione alquanto bizzarra, molto utilizzata nelle grandi città un po’ da turisti curiosi, ma soprattutto da diligenti impiegati. In Giappone i ritmi di lavoro sono serrati, e difficilmente un lavoratore di un ufficio può permettersi una casa nelle costose grandi città, quindi qualora si dovesse attardare in ufficio e perdere l’ultimo treno per rientrare a casa, il capsule hotel offre una soluzione semplice ed economica per trascorrere la notte e farsi una doccia prima di rientrare in ufficio il giorno seguente. Ovviamente la doccia a patto di non avere tatuaggi visibili.
E forse è proprio questo che ci affascina del Giappone, un paese fortemente innovativo, tecnologico, proiettato nel futuro, ma ancora così fortemente ancorato alle sue antiche culture e tradizioni.