Di Davide Schiavone. Gioia, sorrisi, abbracci: ma anche nervosismo, rabbia e paura. Sentimenti differenti, anzi opposti, che tuttavia convivono insieme in una sola parola: tifo.
Il tifo è il folklore che circonda tutti gli eventi sportivi a livello mondiale (COVID permettendo), è la variabile, purtroppo a volte impazzita, sugli spalti di uno stadio, di un palazzetto, di un circuito. Dalla MLS alla Serie A, dalla NBA alla finale di Champions League, è vasto il mondo dello sport tanto quanto quello dei suoi appassionati. Ma a volte questa passione si trasforma, assumendo forme inimmaginabili e difficilmente . Purtroppo, per trovare esempi negativi riguardanti il tifo, non c’è bisogno di spostarsi dall’Italia.
Per moltissimi anni i cosiddetti Ultras si sono contraddistinti – e talvolta continuano a farlo – per azioni deprecabili o addirittura tragiche.
Si può citare l’ uccisione di Gabriele Sandri, diAntonio De Falchi o del più recente Ciro Esposito, ma la lista purtroppo è lunga.
Ma anche in Inghilterra per moltissimi anni si è vissuto in un clima surreale, con gli Hooligans che ormai operavano quasi come un corpo unico in grado di poter devastare bar, stadi, ristoranti e talvolta anche vite umane. Periodo ormai superato con la legge Thatcher, che ha saputo render giustizia a 20 anni di devastazione negli stadi e dintorni.
La parte più luminosa della medaglia può esser considerata dall’altra parte del pianeta, in America.
Gli USA, maestri nella spettacolarizzazione degli eventi sportivi, hanno saputo sempre scindere il tifo dall’estremismo. Ne è l’esempio più eclatante l’NBA, il torneo cestistico più importante degli Stati Uniti, che concentra tifosi di squadre opposte in un palazzetto che rende facile il contatto tra le persone. Questa caratteristica, però, è sfruttata per socializzare, per confrontarsi sul match, per scambiare due chiacchiere oltre il campo, e non per esprimere la propria faziosità.
Perché lo sport è questo: che uno possa tifare Roma o Lazio, Boston Celtics o Los Angeles Lakers, l’importante è non perdere la propria identità, che è ciò che caratterizza ognuno di noi, ma il tentativo di farlo non può e non deve coincidere con la violenza che per molto tempo le cronache hanno raccontato.