di Lorenzo Giannetti

E’ di pochi giorni fa la notizia che il Tar dell’Emilia Romagna ha imposto un risarcimento da parte del Ministero Della Salute a dei coniugi perché, il giudice, ha ritenuto che loro figlio abbia contratto l’autismo inseguito alla somministrazione di un vaccino.

Nonostante sia stata già smentita da tempo dalla scienza la correlazione diretta tra vaccino e insorgere dell’autismo, soprattutto nel nostro Paese esiste ancora un folto gruppo di persone definite “no-vax”. E’ incredibile constatare la differenza di circolazione delle notizie: la notizia che ha dato il via al movimento no-vax (ovvero l’articolo di Wakefield che stabilisce una correlazione fra vaccino e autismo) ha avuto un grande seguito soprattutto al livello popolare; la successiva smentita dell’articolo non è stata invece sufficiente a bloccare un rincorrersi di voci e credenze che hanno avuto sempre meno a che fare con la scienza.

Sicuramente la scelta di alcuni genitori di non vaccinare i propri figli è dettata dalla paura del rischio di contrarre determinate malattie (paura dettata dall’ignoranza non nel significato dispregiativo del termine, ma in quello letterale di non conoscere nulla di tecnico su questo argomento). Qui si potrebbe sollevare una questione: che importa se una percentuale di genitori decidono di non vaccinare i loro figli?

Ed è proprio qui che sorge il problema: alcuni bambini che soffrono di particolari patologie non possono vivere a contatto con un gruppo di persone che ha una percentuale di vaccinati inferiore al 95%. Questi bambini non possono vaccinarsi perché date le loro condizioni fisiche, questa pratica comporterebbe effettivamente troppi rischi. Il risultato, nei casi più gravi, è l’esclusione dei bambini con queste patologie dalla vita comunitaria (per esempio non possono andare a scuola con gli altri compagni). La scelta dei no-vax, come detto, è molto spesso condizionata dalla paura, e questa porta con se sempre una dose di egoismo che si concretizza in questo caso nel mettere a repentaglio la vita di bambini con patologie gravi come la leucemia, che a contatto con non vaccinati rischiano la vita.

Il problema si è fatto talmente serio che lo Stato Italiano ha fatto entrare in vigore una norma che stabilisce l’obbligatorietà dei vaccini più importanti da fare nei primi anni di vita della persona. Questo ha scatenato nei no-vax una forte protesta a sostegno del fatto che molto spesso si ha una visione distorta della situazione dettata dalla fermezza delle proprie convinzioni che non vengono, quindi, messe mai in discussione. Questa scelta dello Stato può rappresentare una soluzione nel breve termine, ma per il lungo termine occorre un lavoro di educazione dei più piccoli verso lo sviluppo di una visione critica, sana e cosciente nei confronti di argomenti, come quello di cui abbiamo parlato, centrali per la vita di una comunità.

 

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