Di Fabio Panfili
SALVATE IL SOLDATO RYAN
E’ passato circa un mese da quando il vice-presidente degli USA, in un comunicato alla televisione a stelle e strisce, ha minacciato implicitamente di spodestare il legittimo presidente del Venezuela, democraticamente eletto per la seconda volta, Nicolàs Maduro. Uno dei mastini di Trump affermava infatti che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto il presidente dell’assemblea costituente venutasi a creare in seno alla nazione venezuelana se non fossero state fatte delle elezioni nel modo a loro più consono. Da allora ai nostri giorni abbiamo potuto assistere alle più ovvie conseguenze: Guaidò, il presidente autoproclamatosi capo di stato venezuelano, ha girato prima il paese in cerca del consenso delle minoranze della nazione e soprattutto di chi non ha mai creduto nelle possibilità della nazione latinoamericana, poi è andato in giro per diversi paesi ad invocare l’appoggio dei vari governi sovrani. L’Italia, in un primo momento, si è schierata su un netto no a Guaidò, ma solo perché questo no è stato pronunciato dal capo della Repubblica vista l’indecisione del nostro esecutivo. Adesso, invece, sembra che gli eventi, da un giorno a l’altro, possano cambiare anche qui.
Non abbiamo, sulle nostre televisioni, mai avuto il piacere di ascoltare l’altra campana, Maduro, e sentire cosa lui avesse di bello da dichiarare. Niente di così strano. Tutto questo, però, può far rimanere perplessi molti che si avvicinano all’argomento per la prima volta, non gli analisti geopolitici sparsi per il mondo, che vedono questo nuovo affronto come un ovvio conseguirsi di cause chi si protraggono da anni contro lo Stato socialista, guidato, prima di Maduro, da un altro socialista: Chavez. Ed infatti anche contro Chavez i nostri paladini che esportano la democrazia nel mondo tentarono, nel 2002, un golpe che durò qualche giorno, terminato dalla folla che, scesa in piazza, rimise al posto legittimo il suo presidente eletto. Anche oggi lo spettro del golpe non è nulla di così astratto. Poche settimane fa, infatti, al confine venezuelano con la Colombia si sono registrati degli scontri fra la guardia di sicurezza bolivariana, la polizia venezuelana, e dei “manifestanti” provenienti dalla Colombia: ufficiosamente dei manifestanti che superavano il confine accompagnando in processione una fila di carri di aiuti umanitari targati U.S.A. Gli U.S.A hanno usato perennemente tutta la loro potenza industriale, chimica, umana, ecc… Ma hanno sempre fallito, per un motivo o per l’altro. E dove loro hanno visto vittorie, come anche nelle guerre degli ultimi decenni in svariati paese sovrani del Medio Oriente, hanno lasciato sempre ed inesorabilmente morte, distruzione, sbilanciamento politico e culturale, sfiducia degli abitanti verso il loro governo della madrepatria e, nelle loro nuove generazioni, il seme di un’ammirazione speciale verso il sogno americano. Le truppe di guerra statunitensi sono ben addestrate al loro ruolo di destabilizzare, dividere il Paese da “democratizzare”, compiendo il loro ruolo ben compatti ed in sintonia come un’orchestra. Sanno che è il gruppo compatto l’unico in grado di compiere delle azioni concrete. “Salvate il soldato Ryan, ragazzi! Nessuno indietro!” è una cantilena che risuona picchiettando dentro le loro teste. Spero solamente che in futuro il Venezuela non dia nessuna opportunità agli statunitensi di intervenire in prima persona in un ipotetico conflitto. Speriamo che i loro osservatori internazionali non trovino per caso delle riserve di armi chimiche che poi, anni e anni dopo il conflitto scoppiato proprio per questo casus belli, si riveleranno falsi dati da informatori poco affidabili; come successo pochi anni fa in Afghanistan e, più di dieci anni fa, in Iraq, quando gli americani intervennero contro Saddam Hussein. Vi lascio con le immagini delle torture perpetrate dei soldai a stelle e striscie verso prigionieri iracheni nel 2004 nella prigione, vicina Baghdad, di Abu Ghraib. Numerose foto ci sono rimaste di questi soldati mentre infliggevano diverse torture fisiche e psicologiche tramite anche l’uso di cani; e un’inquietante foto di un prigioniero incappucciato, in piedi sopra un piccolo rialzo di legno, con le mani aperte collegate a cavi elettrici. Quando vidi per la prima volta quest’ultima foto, mi ricordò a caldo una delle tante statue della Madonna che si possono vedere. La tortura: se il prigioniero cadeva dal suo piccolo baldacchino, gli era stato detto che sarebbe stato folgorato da una scarica elettrica.