Di Davide Perrucci.

Il lavoro e i giovani, un binomio che in Italia dovrebbe andare a braccetto, viste tutte le giovani menti brillanti che il nostro paese offre, il governo afferma che la disoccupazione giovanile sta scendendo. Ma sarà vero? come credergli? i dati parlano chiaro, e l’ISTAT non mente, ma entriamo ora nel merito.

I giovani vengono sempre additati come una generazione mai vogliosa di lavorare, crescere, e formarsi professionalmente, è davvero cosi? Il governo afferma, ad aggi che la disoccupazione giovanile sta diminuendo, senza contare un difetto tutto italiano: il lavoro aumenta, ma solo sotto forma di lavoro temporaneo. L’incremento di 190mila occupati tra 2017 e 2018, giovani e meno giovani, è dettato dalla differenza dall’aumento di 323mila contratti a termine e il calo di 51mila contratti a tempo indeterminato. I giovani trovano lavori che spesso non. riescono a soddisfare le loro esperienze precedenti negli istituti tecnici e professionali: periti elettronici che lavorano in catene di fast food (quando và bene, perché spesso i cassieri risultano essere plurilaureati.), diplomati in chimica che fanno i venditori porta a porta…

Poi per la fuga di cervelli diamo la colpa ai giovani, e al loro poco orgoglio nazionale, che lasciatemi dire che se è di orgoglio nazionale che si tratta, e se è questo il futuro che garantiamo alle nostre menti più brillanti e che più si sacrificano per diventare qualcuno la fuga ha senso, perché rimanere in un paese che non ti valorizza minimamente e fare una gavetta interminabile che potrebbe portarti a fare lo stesso lavoro per tutta la vita senza crescere da nessun punto di vista.

Come spiega Ilaria Maselli, economista senior nel centro di ricerca The Conference Board, “la crisi ha aggiunto una dimensione ciclica a un fenomeno che era già strutturale dice -l’Europa è cresciuta del 2,6% nel 2017. In Italia, un +2% non si vede da decenni”. Decenni, detto da una signora economista, che per altro lavora per un centro di ricerca Americano, ennesimo talento italiano scappato dalle folli direttive di un governo che non sa minimamente valorizzare il proprio nucleo cittadino.

Forse, dice Maselli, “sono proprio i parametri della disoccupazione giovanile che andrebbero cambiati”. In effetti si discute da tempo sull’efficacia di un parametro che misura i disoccupati in base alla sola popolazione attiva (chi non trova lavora fra quanti lo cercano), per giunta limitandosi a una fascia come i 15-24 anni.

La peculiarità dei laureati italiani, è che scontano una sottopresenza di lauree di tipo scientifico, tecnologico, con solo il 22%, mentre in Germania, Francia il 40% dei laureati rientrano in questo ambito disciplinare.
In tal senso risulta di importanza fondamentale l’orientamento universitario, scelte che poi si riveleranno cruciali nell’approcciare con successo al mercato del lavoro.

In definitiva, il governo sta cercando di nascondere la situazione ai giovani come se fosse rosea e non ci sia nulla di cui preoccuparsi, ma a quanto pare non è così, il giovane italiano DEVE informarsi.

 

 

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