Di Fabiola Capone Braga. Il dieci novembre alle ore undici e trenta nel nord dell’Iraq, su una strada vicino a Kirkuk, sono stati feriti cinque italiani di cui tre in modo grave: un ufficiale della Marina ha perso le dita di un piede, un militare ha riportato un emorragia interna, un sotto ufficiale dell’esercito ha dovuto subire l’amputazione di entrambe le gambe a causa delle gravissime lesioni.
I feriti sono: Marco Pisani, Paolo Piseddu, Andrea Quarto, Emanuele Valenza e Michele Tedesco.
Le dinamiche dell’attentato non sono ancora del tutto chiare, ma sembra che sia avvenuto quando un ordigno esplosivo rudimentale, tipico delle zone dell’Iraq, è detonato al passaggio dei cinque italiani, impegnati in un rientro in base dopo lo svolgimento di attività d’addestramento alle forze irachene impegnate nella lotta contro l’Isis.
L’ordigno sembra essere uno Ied, ovvero Improved Explosive Device , che sembrerebbe rappresentare una minaccia costante nei territori iracheni. Come spiega il generale Marco Bartolini, ex comandate della Folgore e del contingente italiano in Afghanistan , ed ex capo delle forze speciali italiane “I militari che operano sul campo sono persone preparate, ma in quelle situazioni non esiste una contromisura che garantisce sicurezza assoluta”, in quanto non solo le bombe posso essere progettate a basso costo, ma soprattutto il loro impatto è elevato.
Sembra che l’ordigno non fosse stato messo lì solo per colpire gli iracheni. Come spiega Vincenzo Camporini “le vicende che stanno accadendo in Siria non possono non avere ricadute anche nel vicino Iraq”. Il riferimento è ovvio, è rivolto ai Curdi. Ciò che gli italiani stanno svolgendo in Iraq sembrerebbe dare fastidio a qualcuno. Allarme rosso dunque in quanto è evidente che il terrorismo è ancora attivo Iraq, sotto varie sigle tra cui quella dell’Isis.
Ed è proprio l’Isis, il lunedì dopo ad aver rivendicato l’attentato. Il comunicato della rivendicazioni è stato riportato dal sito specializzato SITE, dove l’Isis non menziona la provenienza dei soldati ai quali era destinata la mina e anche se attacchi simili nella zona sono frequenti, di solito colpiscono l’esercito iracheno. Non è ancora chiaro se dunque l’Isis abbia intenzionalmente voluto colpire dei soldati internazionali, ma una cosa è certa: non è una coincidenza che l’attentato sia avvenuto pochi giorni prima del sedicesimo anniversario dell’attento a Nasiriya dove morirono 19 militari italiani.
I tre militari sono stati fatti rientrare con urgenza Roma. Mercoledì tredici novembre sono atterrati a Ciampino e portati al Celio. Ad accoglierli i famigliari, il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il ministro degli Esteri Luigi di Maio ed il capo di Stato maggiore della Difesa Enzo Vacciarelli.