Di Irene Bollici. San Lorenzo, Tor Bella Monaca, San Basilio, Ostia.. tutti, abbiamo sentito parlare almeno una volta nella vita di quella che è stata e che continua tutt’ora ad essere la malavita della periferia romana. Da dove iniziamo? Ostia, dove la Cassazione nel processo del clan Fasciani ha dichiarato: “È LA MAFIA DI OSTIA”.
La mafia, giuridicamente chiamata “organizzazione a stampo mafioso”.
Ma quella di Roma non è quella criminalità che possiamo identificare come Mafia, quella che combattevano Falcone e Borsellino.
La criminalità romana gioca su tanti altri aspetti oltre che il terrore e la paura; gioca molto sull’animo “innocente” di quelli che possono essere ragazzi di 16/28 anni, sono i soldi cosiddetti “facili” sono i “ piazzami la robba e ti pago”, entri nel giro, piazzi la prima volta, la seconda, la terza, dalla quarta c’é poi chi ti dice “provala una volta sola non fa niente”.
Arriva la seconda volta “e pensi non sono dipendente smetto quando voglio”.. poi la terza, la quarta, la quinta, fino a diventare tossicodipendente; e da tossico non tutti hanno il coraggio di starti dietro, non tutti hanno la forza di vederti morire per mano tua, e allora arriva la comunità, il metadone, e…forse..esci pulito.
Ricordate il caso Cucchi? Tossicodipendente pulito, uscito da poco dalla comunità,arrestato, pestato perché era solo un “tossico”.
O ancora basti pensare al caso Sacchi, morto per colpo da arma da fuoco, a fondo delle indagini, di mezzo c’era quella polverina bianca, quella sostanza che la vita te la rovina, ti fa vivere con l’illusione che lei ti stia salvando fino a quando arrivi a toccare il fondo.
Tossicodipendenza: vivere o…il nulla