Di Giulia Capobianco.Un giornalismo fatto di notizie, di storie, di persone. Un giornalismo fatto di debolezze nascoste, detenute dentro di noi e liberate dal coraggio di volersi mostrare per ciò che si è. Un giornalismo che racconta, racconta di quel viaggio condotto alla volta della realtà, alla ricerca della verità. Il mio giornalismo, quello raccontato con una penna tra le dita, un occhio critico e un’anima empatica.
Osserva. Il vecchio giornalista, perfettamente ancorato alla tradizione, osserva. Osserva e racconta i fatti come un’esplosione, dai confini labili e ibridi, di fatti ed emozioni. Armato di lente di ingrandimento e il bagaglio della conoscenza, suscita, attrae, sollecita il suo pubblico, ormai non più semplice spettatore, ma perfetto collaboratore e produttore. Questa la mia strada, questo il mio obiettivo. Con la mia lente, ancora innocentemente inesperta ma sfacciatamente critica voglio raccontare. Voglio raccontare storie reali, voglio raccontare chi ha deciso di scoprirsi e di gridare a squarciagola la sua prigione.
Racconterò con la penna e con l’anima. Racconterò del coraggio, della tristezza, del dolore, della vendetta e della felicità. Racconterò dell’amore. Della guerra, ma non di un attacco terroristico. Racconterò della guerra tra noi stessi per raggiungere i nostri sogni e abbattere le nostre paure. Un giornalismo fatto di inchieste personali, dell’immagine che abbiamo del prossimo.
“Il giornalismo è un mestiere nel quale si passa la metà del tempo a parlare di ciò che non si conosce e l’altra metà a tacere ciò che si sa” secondo le parole di Henri Béraud. Il mio giornalismo, il nostro giornalismo è una professione in cui si passa la metà del tempo a parlare di ciò che si conosce, che si vuole far conoscere e l’altra metà ad imparare a non tacere mai. Racconterò con una penna tra le dita. Dita macchiate di inchiostro. Racconterò con occhio critico osservando e non tacendo mai. Racconterò con l’anima. L’anima empatica di chi sa comprendere e di chi non deve nascondere mai.