Di Riccardo Fermani.Il mondo dello sport si tinge di rosa. Addio tabù, pregiudizi e quant’altro, le donne sono entrate a gamba tesa nello sport. Si tratta infatti questa, di una realtà sempre più dirompente e diffusa nella nostra società. Conosciamo tutti il grandissimo boom del fenomeno femminile in molti sport come: il calcio, il basket e la pallavolo, che in questi anni si sono sempre di più guadagnati visibilità, importanza ed appassionati, trasformandosi da argomento di nicchia ad appuntamento immancabile e decisamente seguito. Questo articolo è stato però pensato non per realizzare un infinito elenco di numeri, statistiche e stime varie, bensì per raccontare la crescita di questa stupenda realtà, in una delle sue forme ed espressioni più straordinarie e sconvolgenti; il cui solo pensiero sbalordirebbe e troverebbe contrarie la stragrande maggioranza di persone: il Rugby.

Esatto proprio il rugby, lo sport di contatto per eccellenza, una tra le discipline più “pericolose”, se così vogliamo definirla, nella quale i giocatori sono costantemente sottoposti ad urti e scontri fortissimi. È già difficile per molti immaginare come  possano i ragazzi divertirsi e scegliere di praticare questo sport; immaginiamoci perciò quale potrebbe essere la loro reazione se venissero a conoscenza della sua versione femminile. Sfatiamo pertanto il primo dei tabù attorno a questo mondo, il rugby femminile esiste ed anzi in questi ultimi anni, sta attirando moltissimi appassionati, dando vita peraltro a storie bellissime per le quali non basterebbero pagine e pagine di libri. Soprattutto in alcuni Paesi del mondo dove, le donne non godono ancora di diritti civili ed umani.

Seconde nell’ultima edizione del Sei Nazioni, alle spalle dell’Inghilterra, con una sola partita persa. La Nazionale italiana di rugby femminile ha fatto la storia, segnando il suo risultato migliore di sempre proprio in concomitanza del periodo più buio e negativo dei colleghi maschi, che nel torneo più antico e prestigioso d’Europa non hanno vinto nemmeno un match, infilando la 22esima sconfitta consecutiva e il quarto Cucchiaio di legno nelle ultime quattro edizioni. Fortuna che c’è l’altra metà del cielo, verrebbe da dire, a tener su il pallone ovale azzurro.  Guai, però, a pensare che questi splendidi risultati siano il frutto di un exploit estemporaneo. Alla base del successo delle ragazze del rugby c’è un movimento in crescita esponenziale. Da quando la Federazione italiana rugby (Fir) ha istituito il settore femminile, le tesserate sono aumentate del 1000%, passando da 600 a oltre 8 mila.

In questi casi è però obbligatorio mostrare anche l’altra faccia della medaglia, la parte dolente, un dato che deve essere considerato come uno spunto di riflessione nonché come un punto di partenza per il futuro: il lato economico. Infatti le risorse economiche destinate al mondo femminile sono certamente inferiori rispetto a quelle dei colleghi maschi, sopratutto nel rugby. Nessuna delle giocatrici è professionista, tutte fanno un altro lavoro. Un dato evidenziato dai 19 milioni annui che, la F.I.R., incassa per la partecipazione al Torneo del Sei Nazioni e la distribuzione dei proventi da diritto TV. Che alle donne spetti una fetta di torta inferiore lo si può facilmente intuire anche dal fatto che “Guinness”, sponsor del Sei Nazioni, appaia ufficialmente solo in occasione dei match maschili.

Concludo quindi sostenendo ancora una volta, che lo sport femminile esiste ed è una realtà ben consolidata che, in quanto tale, necessita delle giuste considerazioni. Non è accettabile che nel 2020, esistano ancora differenze cosi rilevanti in base al proprio sesso. Promuoviamo uno sport sano, corretto, uguale per tutti, senza disparità. Basta con questi pregiudizi, tabù e discriminazioni.

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