Di Gemma Gemmiti. In confezione preordinata, perfetti o “rimborsati”. Da sempre i genitori cercano di riversare sui figli speranze, sogni, rimpianti.
Ed è proprio lì il problema, soprattutto quando si riversa su qualcun altro ciò che, da genitori, non siamo riusciti a fare, ad essere.
Cominciamo già nella pancia, se non prima. Poi, all’uscita, il tutto si aggrava.

DEVONO essere perfetti.Quando crescono la situazione non migliora, anzi.
L’immagine prestampata che i genitori spesso hanno dei propri figli è difficile che si realizzi (e per fortuna, aggiungerei).

SCELTA DELLA SCUOLA. Cominciano, o si infervorano, gli scontri. Perché “tu devi essere”, “tu devi diventare”. Tu devi riscattare. La scelta della scuola è da sempre argomento di discussione. È giusto avallare le passioni o è più razionale consigliare ciò che può, in un certo qual modo, assicurare un posto di lavoro?

Meglio un ottimo filosofo squattrinato o un ingegnere triste?

Non ho soluzioni in tasca, quello che so è che sarebbe più semplice e soprattutto costruttivo, mettersi all’ascolto. Sentire, guardare, scoprire, individuare talenti, potenzialità, passioni, interessi.

Permettendo ai figli anche di sbagliare. In fin dei conti noi genitori conosciamo i nostri figli nel profondo, se abbiamo passato la vita a rapportarci con loro.

E se davanti a noi scoprissimo improvvisamente uno sconosciuto?
Presentiamoci e chiediamogli chi è, chi vorrebbe diventare, come ha intenzione di costruirsi, e proviamo, magari, a dargli una mano.

Il mestiere del genitori dicono sia quello più difficile, ma anche essere figli non è una passeggiata.
Camminare insieme può essere una soluzione.

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