Di Elisa Fralleoni. Come una serie tv fin troppo intricata, il caso Luca Sacchi presenta diversi personaggi complessi su cui è necessario approfondire. Moltissimi nomi sono stati riportati nei numerosi articoli scritti fino ad oggi, eppure su di loro non si sa molto, eccetto il loro coinvolgimento nell’omicidio che ha sconvolto la comunità romana.

Anastasiya, è lei il personaggio più ingarbugliato. La giovane babysitter ucraina, in Italia dal 2003, non ha mai convinto del tutto il PM. Lei, una perfetta calcolatrice, fin da subito si è dichiarata innocente, affermando di essere lei stessa una vittima per essere stata derubata. “Non è un caso di droga” ha sempre sostenuto. Ma la procura è andata avanti con le indagini e dall’analisi dei tabulati telefonici e dalle varie testimonianze è venuto alla luce quello che tutti sospettavano; Anastasiya è una bugiarda. I 70.000€ nel suo zaino erano destinati all’acquisto di 15 chilogrammi di stupefacenti. Come ha sostenuto anche il padre della vittima «Ci sono dei responsabili materiali che meritano di scontare il massimo della pena e poi c’è chi, per la morte di mio figlio, ha una responsabilità morale. Quella persona è Anastasiya che si è portava via Luca e ha permesso che accadesse tutto questo». Giovanni Princi è l’altro responsabile morale di questo omicidio. Lui, amico d’infanzia della vittima, oggi in carcere, ha avuto il ruolo di “mediatore dell’acquisto” di droga. Il ventiquattrenne, come giovane babysitter, ha tradito la fiducia di Luca, spingendolo tra le braccia della morte.

Poi, citando nuovamente le parole di Alfonso Sacchi, ci sono i “responsabili materiali”. Valerio del Grosso e Paolo Pirino, entrambi ventunenni, sono stati i primi a venire incarcerati per concorso nell’omicidio. All’inizio dell’indagine, i due giovani avevano dichiarato di essere andati lì quella sera per portare a termine un compito che gli era stato affidato: avrebbero dovuto consegnare la droga al gruppo di amici della vittima, ma sapendo dei 70 mila euro custoditi nello zaino di Anastasiya, decisero di cambiare idea presentandosi all’appuntamento davanti al pub a bordo di una Smart e armati di una pistola e di una mazza da baseball. Ad oggi sappiamo che la compravendita di droga è sempre stata una farsa e che lo scopo finale era quello di rubare ingente somma di denaro, con o senza vittime non era importante.

In questo omicidio, come tanti altri, c’è anche una mente. Questo ruolo appartiene a Marcello De Propris che è accusato di: concorso in omicidio, cessione di droga, rapina, porto e detenzione di arma. È stato lui a fornire materialmente l’arma del delitto a Del Grosso e Pirino. La Calibro 38 che ha ucciso Luca apparteneva però ad Armando De Propris (il padre di Marcello). Attualmente entrambi sono in carcere; il figlio per il suo coinvolgimento nel caso, il padre per una perquisizione che ha portato al ritrovamento di un kg di hashish nella sua abitazione.