Di Matteo Schiaffini. A Jamal, un tranquillo villaggio di 40 anime, la nostalgia per il Terzo Reich è più viva che mai. Dall’inchiesta di La Stampa vengono alla luce situazioni sconcertanti: culti, indottrinamento, violenza e minacce. Di questi piccoli villaggi, da una quindicina di anni ormai, la fanno da padrone gruppi di neonazisti spesso legati al partito neonazista (Npd), che a suon di minacce e violenze reprimono le diversità, accettando solo coloro che condividono il culto di Adolf; l’aria maleodorante e densa di fumo, dovuta al bruciare dell’immondezza, (questi gruppi neonazisti non riconoscono la Repubblica federale e quindi rifiutano la raccolta differenziata); ciò che più desta sgomento è il continuo indottrinamento dei bambini, vestiti con mimetiche, spediti in estate in villaggi campeggio modello gioventù hitleriana, cresciuti e isolati nel fanatismo della ideologia nazionalsocialista.
Anche se drammatici, questi casi sono pochi e circoscritti in determinate aree geografiche ma se ingrandiamo la lente, estendendola su tutta la Germania, i dati che si riscontrano sembrano indicare un fanatismo emergente. Dall’inizio di quest’anno, in soli due mesi, si sono registrati 21 attentati contro i centri di accoglienza temporanei per gli stranieri. Il primo a soffiare sul fuoco di sacche xenofobe e disagiate della società, è il partito dell’AfD (Alternativa per la Germania). Contraddistintosi per le sue posizioni anti-euro e per l’aver proposto di “riordinare” le leggi sull’immigrazione, punta ad una politica rivolta verso la chiusura delle frontiere e respingimenti. Nell’estrema destra, si posiziona anche il partito nazionalsocialista (Npd) che in virtù del suo basso riscontro elettorale (appena sopra l’1% alle europee del 2014), è stato considerato legittimo, dalla corte suprema tedesca, poichè non in grado di nuocere sebbene persegua obbiettivi anticostituzionali.
Il comune denominatore è sempre la xenofobia che, essendo un fenomeno sociale, si ramifica in ampi strati della società andando oltre la rappresentanza politica. I dati sugli omicidi a sfondo politico sono significativi e ci offrono un quadro parziale del fenomeno. Ufficialmente i morti dalla riunificazione ad oggi sono una sessantina, le associazioni sostengono che sono 184. Se però, oltre agli omicidi, allarghiamo la visuale su tutti quei reati connessi a motivazioni ideologiche tipiche dell’estremismo di destra (ferimenti, aggressioni, danni a cimiteri ebraici, atti di antisemitismo), il numero è tra i 16mila e i 20mila all’anno. Questo è senza dubbio il segno dell’esistenza di un serbatoio giovanile che trasmette il suo messaggio attraverso la violenza o le minacce. Sia che si parli di violenza verbale o di violenza fisica, i destinatari sono sempre gli stessi: coloro che vivono ai margini, gruppi sociali di minoranze, omosessuali, politici di sinistra e Verdi. Il pericolo c’è ed è costante, uno stato bene ordinato non può permettersi la presa, sempre più ferra, di sentimenti nostalgici e velenosi nelle diverse realtà sociali; è solo per mezzo di uno stato sociale ampio e inclusivo che si può soffocare questo focolaio ardente e ignorato.