Di Gemma Gemmiti. Quante volte abbiamo maledetto una verità scomoda? Quando abbiamo guardato quel che “non dovevamo” e  riferito per dovere morale quel che ci è stato poi detto ”  aver visto ciò che non andava osservato”

Passi leggeri, lungo il corridoio buio. È notte fonda quando gli viene voglia di una sigaretta. Decide di andare a fumarla sul terrazzo, ma per farlo deve percorrere un lungo corridoio buio.

Mezzanotte o poco più.

Siamo dentro al seminario di Molfetta, uno dei più grandi d’Europa. Poco più che ventenne Francesco (nome di fantasia per tutelarne la privacy) ha deciso che vuole diventare prete.

Una luce “in fondo al tunnel”, elettrica, tutt’altro che divina, gli sbatte in faccia una realtà a cui all’inizio fa fatica a credere.

Nelle lunghe notti di solitudine nel seminario di Molfetta, a volte soli non si è.

Obbedienza, povertà. Castità. Questi sono i tre vincoli da rispettare.

Il terzo non lo si rispetta per nulla. O almeno: quasi mai.

Francesco denuncia l’incontro omosessuale al quale ha assistito ai suoi superiori.

Il risultato? Minimizzano la cosa. “Non ti preoccupare, ci pensiamo noi, sono debolezze”.

Ma nulla cambia, anzi. Ora Francesco comincia ad accorgersi che quello non era un caso isolato. Molti seminaristi e persino professori sono coinvolti. Francesco è addirittura invitato a partecipare a quelle orge.

Numerose volte si rivolge al Rettore, al Vescovo, al suo Padre Spirituale. Parole vane. Dopo due anni, passati a sperare che le cose cambiassero, Francesco non ce la fa più. L’unico modo per non essere complice perché omertoso, è quello di uscire dal seminario e denunciare alle autorità competenti gli episodi di cui è a conoscenza. Erano infatti coinvolti anche dei minori.

Inizia la vita d’inferno, per lui e per la sua famiglia. Aveva gettato fango su un’istituzione molto importate. Aveva spezzato gli equilibri. Era lui il colpevole, l’untore.

Non è vero che non si può fare nulla per contrastare l’omertà nella Chiesa. Francesco ce lo racconta.

Francesco ci ha provato, ma a quale prezzo? Francesco è dovuto scappare dal suo paese.

Francesco ci racconta dello strappo che ha sentito nel cuore quando è stato costretto a lasciare il seminario. Voleva diventare prete per aiutare gli altri. Aveva, ed ha, glielo si legge negli occhi e nella voce che a volte fa fatica ad uscire, questo sogno.

Glielo hanno infranto. Uno schianto, un fragore insopportabile che sentiamo ancora qui, un’eco nell’aula del Laboratorio di Redazione Giornalistica dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, dove si sta raccontando, con non poca fatica.

Restiamo attoniti, increduli. Disgustati.

Disgustati ovviamente non per l’omosessualità di cui Francesco era venuto a conoscenza, ma per come è stata trattata la sua denuncia: evitando di parlarne, minimizzando, sotterrando.

Disgustati soprattutto perché, a quanto ci racconta, sono coinvolti anche dei minori, e questo è un reato gravissimo.

A costringere Francesco a sbattere la porta e a chiudersi per sempre la possibilità di diventare prete è stata la profonda delusione.

Non era così che immaginava il seminario. Non era affatto così.

Era entrato lì, chiamato dal Signore, e viveva lì, studiando e pregando; costruendo l’uomo, il parroco, che sarebbe stato, quello che sognava di essere.

La domanda che tutti noi ci facciamo è: “Non sarebbe più semplice rinunciare ufficialmente al voto di castità e permettere ai preti e alle suore di decidere liberamente se e con chi dividere la propria vita, anche quella sessuale?”.

Anche perché, e basta una semplice ricerca su google, quello di Molfetta non è un caso unico e isolato e troppo spesso questa mancanza di affetto causa mancanza di equilibrio che può sfociare anche nella perversione della pedofilia.

Non tutti i pedofili sono preti e non tutti i preti sono pedofili, ci mancherebbe, ma la privazione sessuale in un essere umano è una privazione, appunto, e le privazioni, i vuoti, creano spazi che si riempiono come si può, anche come non si dovrebbe. Equilibri che vacillano pericolosamente.

Il nome Francesco non è stato scelto a caso. Francesco, come il Santo Padre che nel giorno del suo ottantatreesimo compleanno ha abolito il segreto pontificio per i casi di abusi sessuali del clero, emanando due importanti provvedimenti sulla linea della tolleranza zero per il contrasto alla pedofilia. Dicembre 2019. Fino ad allora non era così. Incredibile, vero?

A Francesco, l’ex seminarista, noi tutti auguriamo di trovare la strada per potersi realizzare, per poter aiutare gli altri, per poter essere prete, anche senza tonaca, ma prete nel cuore.

Intanto è qui, in mezzo a noi, che lo abbiamo accolto nel nostro Laboratorio di Redazione giornalistica, a darci modo di fare l’ennesima esperienza di giornalismo di vita, entrando dentro a storie che ci danno modo di crescere, professionalmente e umanamente.

A lui e al nostro prof. Marco Palma, va il nostro grazie.