Di Luca De Lellis.Me ne avevano parlato tutti molto bene, però lo scetticismo non mi abbandonava perchè l’università è un ambiente talmente grande da sentirsi solo un piccolo puntino che non appartiene a nulla. Mi sono gradevolmente ricreduto: difficile spiegare cosa ha significato per me essere parte di questa grande avventura, quel che è certo è l’immenso piacere che ho provato nel condividere un’enormità di emozioni, alle volte contrastanti: la paura nello scrivere il primo articolo, la felicità quando per la prima volta il pezzo che ho scritto l’ho sentito completamente mio, la rabbia e la solidarietà nell’ascoltare determinati racconti personalmente.
Quando entrai in aula per la prima lezione non mi sarei mai aspettato tutto quello che avrebbe significato per me; non credevo che un corso apparentemente come molti altri potesse segnarmi in questo modo dal punto di vista prima di tutto personale e poi tecnico. Sì… perchè partecipare al laboratorio di redazione giornalistica significa riporre tutto sé stesso in un sogno e coltivarlo insieme ad altri colleghi che lo condividono insieme a te. Ma questo non basta, serve dell’altro affinchè una qualsiasi cosa ti possa forgiare nel profondo. E questo “altro” lo ha donato una persona, un professore, che non c’entra nulla con gli altri, che non solo sa insegnare, ma che riesce stare vicino ai suoi studenti. Perchè aldilà della teoria che in un lavoro come quello del giornalista conta il giusto, in questa professione sono fondamentali le storie di vita, saper raccontare quello che ci circonda quotidianamente, come dice sempre lui: “Avere uno scenario di fronte e coglierne gli aspetti”. Insomma… l’ormai famoso, per chiunque sia passato di qui, “Giornalismo di vita”. E’ proprio questo quello che fin dal primo incontro ha cercato di trasmettere a tutti gli studenti.
La mia passione per questa professione era già elevata, dopo questo corso sono estremamente convinto che sia la più bella e stimolante del mondo, sotto tutti i punti di vista. Informare, raccontare secondo il tuo punto di vista la verità dei fatti a persone che magari prima non la conoscevano. Cosa c’è di più appagante?
Grazie a questo laboratorio ho ascoltato in prima persona storie di vita, il più delle volte da brividi. Il fatto che dei ragazzi (e non solo) si aprissero così di fronte a gente semi-sconosciuta è testimonianza ancor di più del clima che si respira in quell’aula, di profonda fiducia e rispetto reciproco. Non è retorica, ma ammirazione per un mondo completamente diverso dal resto dell’università.
Solo dopo, seppur di importanza capitale per uno studente che sta muovendo i primi passi nel giornalismo, viene il lato tecnico. Ho imparato cosa significa fare un titolo adeguato, scrivere un attacco che entri subito nel cuore della notizia. Ho capito che essere giornalista non significa fare una mera descrizione dei fatti.
Ho compreso – e questo è l’aspetto che conta maggiormente – che farò qualunque cosa per inseguire il mio sogno. E allora non c’è altro da dire, se non un enorme GRAZIE a tutte le persone che hanno partecipato, alle sempre presenti Giulia e Giovanna che hanno offerto il loro preziosissimo contributo, e al docente, Marco Palma, per avermi fatto acquisire sicurezza e per avermi reso una persona più matura.