Di Giulia Orsi. L’esempio lampante è la psicoanalisi che nonostante sia vista dai tunisini come la stravaganza culturale di quella parte del mondo senza dio e tradizioni, in fin dei conti saranno loro stessi i primi ad approfittare dei servizi di Selma. Inoltre è ben centrale la figura femminile della protagonista che combatte il pregiudizio di non potercela fare da sola senza l’aiuto di un marito o una famiglia di origine che la supporti. Lei è una donna che combatte la sua causa, incurante di quello che ipoteticamente le sarebbe o meno consentito fare, figlia di emigrati di seconda generazione, vuole fare ciò per cui ha studiato in Francia ma lo vuole fare a modo suo, non perché sia una ribelle, anche se lo fosse nessuno potrebbe non perorare la sua causa, ma perché è giusto seguire le proprie idee e difenderle.  Abbiamo poi il tema della nevrosi, dei disturbi psicologici e di come questi siano comuni a tutti a prescindere che siano di persone appartenenti ai popoli di levante o ponente: l’uomo, in quanto tale, ha ferite che lo accompagnano per tutta la vita che derivano dalla famiglia di origine, dalla propria sessualità o da una assenza e queste vanno curate, accolte o esteriorizzate. Nel corso della pellicola,  un pezzo alla volta, le sicurezze di una società ben costituita, patriarcale e fondata sui dettami del Corano vengono scomposte da questa giovane donna che non trova il suo posto nel Vecchio Mondo e allora si reinventa, avendo una intuizione, il lampo di genio, la creatività di fare ciò che non è solito pensare, esportarla e allargare i propri orizzonti: è importante vedere come sia presente un bel suggerimento, un nuovo punto di vista sull’integrazione e su come il mondo potrebbe essere vissuto come la casa di tutti, inglobando anche quelle realtà che si è soliti pensare inadatte a certe situazioni, eppure se invece sapessimo trovare nuovi occhi per vedere, nuove parole per parlare, ci renderemmo conto di come sarebbe possibile vivere in un meltin pot culturale e di quale ricchezza infinita potremmo lasciare alle nuove generazioni. Selma è una donna sulla trentina con comportamenti, vestiario e idee del tutto occidentali, eppure lei, nonostante sia cresciuta a Parigi, ricerca quelle sue radici che la legano alla sua terra d’origine: la Tunisia. Si svincola dalla comoda vita degli Champs Elysees e decide di aprire uno studio di psicoanalisi sul terrazzo di casa sua a Tunisi. Nonostante le prime difficoltà che incontra nella nuova città, prima fra tutte la diffidenza nei suoi confronti da parte di chi ci vive oltre ad una truffa subita che la costringe a girare su una macchina Peugeot degli anni ’80 rivestita internamente di orpelli e suppellettili di ogni tipo, Selma non perde di vista il suo obiettivo, creare in un territorio del tutto digiuno dalla psicologia, un centro di ascolto per chiunque ne necessiti. Chiaramente incontrerà ostacoli di ogni sorta tra la polizia che le sta alle calcagne per via della sua mancata certificazione ad esercitare e l’ostilità burocratica di un paese dove lo Stato è assente e chiaramente disinteressato ai suoi cittadini e ad ogni iniziativa di miglioramento. Una commedia esilarante ed ipnotica, che nella sua ora e trenta di proiezione riesce a toccare tante tematiche sociali e dà ottimi spunti di riflessione senza appesantire lo spettatore. Prima tra tutti troviamo la restaurazione di un Paese che subisce il peso di essere diviso fra tradizione e innovazione, quella spinta che arriva dall’occidente, quelle fascinazioni verso cose esterne che in qualche modo devono essere inglobate in una cultura del tutto differente

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