Di  Alison Testa. E’ successo ancora. O forse è la prima di molte volte. Le conseguenze sono letali, se non sul corpo, in un primo momento, nell’animo, sin da subito. La debolezza di una donna, di un bambino e perché no, di un uomo, non lascia scampo di fronte ad una persona violenta. Atteggiamenti incompresi e sottovalutati che portano ad un’escalation drammatica, di questo parliamo: una violenza domestica. Un abuso fisico, sessuale e psicologico perpetrato da conviventi, su chi è più debole, su chi ha avuto paura di dire “No!” o semplicemente non è mai stato ascoltato; così le sue urla, i suoi lamenti e il suo pianto sono stati una richiesta d’aiuto muta, inascoltata e ignorata.  Di solito le donne sono sottoposte a violenze domestiche con maggiore frequenza rispetto agli uomini. In Italia circa il 95% dei soggetti che si rivolge al medico per aver subito violenza è una donna; certo è che tali abusi si verificano anche nei confronti degli uomini, tra genitori e figli, nipoti e nonni, fratelli e sorelle. Del tutto irrilevanti sono i fattori socio-culturali che interessano l’individuo violento, poiché tali situazioni di abusi e soprusi si possono verificare indifferentemente dal reddito, dal livello di istruzione, dall’attività lavorativa, dall’orientamento religioso, politico o sessuale. Uno dei luoghi in cui è possibile più frequentemente intercettare una vittima di violenze è sicuramente il Pronto Soccorso, luogo in cui si rivolgono inconsapevoli della loro condizione, per un primo intervento sanitario. In alcuni Pronto Soccorso in Italia si sta sperimentando l’inserimento di un percorso speciale dal nome “Codice rosa”, in grado di offrire assistenza medica e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza.