Di Giulia Orsi. Netflix è una piattaforma eccezionale nella quale avventurarsi e scoprire quante più storie possibili prodotte nei  più disparati paesi e nate da il genio di tanti artisti; questo è il caso di Sense8, prodotto dalle sorelle Wachowsky , registe del film Matrix. Otto persone del tutto sconosciute, proveniente da ogni parte del globo, si ritrovano all’improvviso  mentalmente connesse. La storia è dipanata in 24 episodi suddivisi in due stagioni ed un film di due ore mezzo finale, realizzato dopo una petizione fatta dai fans per via della chiusura forzata, da parte di Netflix, della serie.  Oltre la validità del prodotto è centrale la caratterizzazione dei personaggi, attraverso le loro peculiarità si andranno a toccare tematiche vive e contemporanee alla nostra quotidianità.  C’è Kala una chimica indiana che è destinata ad un matrimoni combinato. In lei si intravede tutta la potenza di una rivoluzione sessuale pronta a ribaltare i vecchi sistemi di una società maschilista. Kala è capace, colta, centrata e consapevole e questi pregi la porteranno ad accettare il suo matrimoni decidendo di avere una relazione alla pari con il suo consorte. C’è dunque una oscillazione fra la tradizione e la modernità in cui una può cedere una parte per convivere a pieno con l’altra. Poi c’è Nomi una blogger transessuale che è il vero “cervello” del gruppo sapendo utilizzare alla perfezione i computer ed hackerandoli. La transessualità per le sorelle Wachowsky è un argomento caldo: infatti entrambe nell’arco di un decennio hanno fatto la transizione di genere. Nomi è un personaggio che si presenta in tutta la sua veridicità, non si nasconde e porta avanti con orgoglio la sua personalità scoppiettante e sicura, frutto di un lungo percorso sostenuto, anche, dalla sua compagna Amanita. Lito invece è un attore famosissimo che ha raggiunto un certo agio nella vita, grazie anche alla sua aria da macho. In verità vive un conflitto profondo fra ciò che esternalizza e ciò che è: infatti ha una relazione omosessuale ma non riesce a dichiararsi al mondo temendo, anche, per la fine della sua carriera. Anche qui è forte l’idea assoluta di far emergere se stessi per trovare il proprio posto nel globo e quanto sia importante mostrare la propria diversità per lasciare la possibilità alla società di crescere ed adattarsi, diventando sempre più inclusiva. Anche il personaggio di Capheus , autista di autobus a Nairobi, è una lente di ingrandimento sulla povertà in cui il  sud del mondo imperversa e di quanto i miti dei vecchi coloni, in questo caso Van Damm, donano la speranza di arrivare ad un riforma. Questa critica sociale arriva potente, mostrandosi con molta esuberanza, ma anche qui  il personaggio è risoluto e riesce nel suo intento a riscattarsi. Questa serie merita di essere vista per la varietà di argomentazioni che propone ma anche per la brillante storia ma è bene guardare al sottotesto con preparazione, infatti, potrebbe mettere inquietudine: è possibile che prima o poi gli esseri umani potranno  essere controllanti mentalmente? ! La tecnologia fin dove si spingerà?! Per il momento è solo fantascienza ed anche le registe chiudono in bonaria il telefilm ma tutti noi, con il passare del tempo, temiamo per il ridimensionamento del nostro spazio privato e la conquista da parte di un “altro” ipotetico di questo.

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