Di Beatrice D’Erasmini. «La violenza sulle donne è un cancro che divora il cuore di ogni società, in ogni paese del mondo, in tempo di pace come in tempo di guerra. Almeno una donna su tre, nel corso della propria vita, ne è vittima. Il mondo deve dire: “Mai più violenza sulle donne!”». Da “Donne: il coraggio di spezzare il silenzio” di Gina Gatti, creato in occasione della campagna di Amnesty International “Mai più violenza contro le donne”.

Storie maledette, trappole silenziose. Milioni di donne ogni anno si trovano incastrate in relazioni tossiche, in cui la violenza è all’ordine del giorno e spesso prendono coscienza tardi della trappola che è stata tessuta loro intorno, quando è diventato difficile districarsi e venirne fuori. Questo ritardo va addebitato alla cultura, alla tradizione che tende a crescere le donne senza educarle al rispetto di loro stesse, accompagnandole invece dalla convinzione che hanno meno valore degli uomini, che debbano essere sottomesse e all’interno di una relazione rispettare e non anche farsi rispettare. Ne risulta poi che le donne, anche giovanissime, diventino vittime di violenza, senza essere riuscite a cogliere le avvisaglie, senza avergli dato la gravità che avevano. Le storie di alcune vittime, sopravvissute, sono state raccontate a TVGNEWS dal Telefono Rosa, i nomi usati sono tutti ovviamente di fantasia. In particolare le storie riportano la situazione di violenza fortemente acuita dall’isolamento forzato dovuto al Coronavirus la primavera scorsa. Queste storie hanno importanti punti in comune fra di loro e con tutte le altre storie di violenza, e questa comunanza riafferma la natura culturale del problema, perché nessun altro tipo di reato come quello di genere ha una narrativa così universale. Ci sono ad esempio Angelica ed Emma, nelle cui storie risulta evidente la prevaricazione del marito sulle loro vite: Angelica non lavora perché il marito non vuole, già prima della quarantena usciva poco, giusto per fare la spesa e accompagnare i bambini a scuola; Emma invece ha sopportato per lungo tempo le imposizioni del marito relative al suo abbigliamento, al suo modo di truccarsi e le sue attività e rinunciato a tutto, tranne che al lavoro, ripetendosi spesso che era “solo geloso, forse un po’ possessivo”. In entrambi i casi c’è una pesante violenza psicologica, che nella storia di Angelica è costituita in particolare da continui rimproveri, denigrazioni, insulti ed un controllo totale dell’uomo sulla vita sua e dei suoi figli, ai quali non è permesso partecipare alla didattica a distanza perché ritenuta inutile dal padre; nella storia di Emma invece la violenza psicologica si caratterizza principalmente della possessività, che non è affatto solo gelosia, significa infatti possedere il proprio partner come fosse un oggetto. Nella storia di Emma poi si insidia anche la violenza fisica, come in molte altre storie, come ad esempio quella di Ornella, che vive con il suo compagno, violento, aggressivo, che, prima, nella maggior parte delle volte, si scagliava contro le cose e gli oggetti della casa di Ornella, ma che con il lockdown, con molto più tempo a disposizione, ha cominciato sempre con più frequenza a scagliarsi contro di lei. Una sera in particolare, i vicini spaventati dalle grida che provengono dalla casa, chiameranno la polizia e l’ambulanza, i quali provvederanno ricoverando Ornella con una prognosi di 30 giorni e allontanando l’uomo dalla casa, da lei e dai figli, che hanno assistito alle violenze. E infine c’è la storia di Giorgia, una tragica testimonianza della violenza psicologica, fisica e sessuale che può avvenire in un matrimonio. Giorgia ha un primo bambino da Riccardo, un bambino che nasce con parto cesareo, a seguito del quale i dottori si raccomandano di non avere rapporti sessuali affinché la ferita guarisca completamente e Giorgia non rischi che le si riaprano i punti. Tuttavia Riccardo non vuole aspettare nella maniera più assoluta, nascono infinite discussioni e alla fine Riccardo si prende quel rapporto sessuale con la forza, stuprando Giorgia. La ferita si riapre, provocando un’emorragia per cui Giorgia deve tornare d’urgenza in ospedale. A questa violenza ne seguono altre, di natura fisica e psicologica, e seguono anche i tradimenti di Riccardo, che si giustifica con Giorgia, dicendo che la colpa è sua perché non lo soddisfa sessualmente. Arriva la quarantena ad amplificare tutto, a rendere la situazione ancor più insostenibile ed è allora che Giorgia si decide ad allontanarlo e denunciarlo.

Queste storie vengono raccontate  perché c’è bisogno di conoscerle e rendersi conto che la violenza di genere è un fenomeno culturalmente normalizzato e questo non è più ammissibile.