Di Chiara Mastroianni. 50 o poco più ma sono pochi: con file interminabili, non sempre organizzati. Questo crea già di per se un clima surreale, che fa presto a diventare incandescente perché si sommano tante, troppo variabili. Stiamo parlando dei drive in per il Covid 19. La Regione Lazio ne ha istituiti più di 50 per permettere agli operatori sanitari di effettuare i tamponi in totale sicurezza, ma sull’organizzazione di essi c’è molto da dire. I cittadini romani, infatti, son costretti a fare dalle 4 alle 12 ore di fila, senza poter neanche scendere dalla macchina. Molti cittadini hanno raccontato la loro esperienza sui social, completamente indignati, cercando di sollecitare la Sindaca Raggi e il presidente della Regione Lazio Zingaretti, ma ovviamente non hanno ricevuto risposta. Un semplice tampone si trasforma in un’odissea che prosegue per giorni, una volta eseguito l’esame infatti, il problema si sposta sui referti che in teoria dovrebbero essere consegnati in 2-4 giorni, in pratica nella maggior parte dei casi ci vuole almeno una settimana. Il caso più noto è quello della Asl Roma5, dove più di 3.500 tamponi sono stati refertati ai pazienti con un ritardo di quasi un mese, tra questi c’erano anche più di 1.200 positivi. Il tracciamento per le persone che sono state a contatto con i 3.500 casi sospetti, teoricamente in isolamento dal momento del tampone, è stato praticamente impossibile a causa del troppo tempo trascorso. Negli ultimi giorni, a seguito di un’indagine interna della Asl Roma5, per evitare accadano cose simili è stato aumentato il personale che si occupa dei referti, creando un collegamento diretto con i laboratori che analizzano i tamponi inoltre molti drive in hanno autorizzato le prenotazioni online per ridurre la fila. Ora giustamente i cittadini si chiedono perchè non si sia proceduto cosi fin dall’inizio, anziché aspettare errori, irreversibili, da parte delle Asl.

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