Di Sofia Menichelli. “Villa inferno” a Bologna e “Terrazza sentimento” a Milano: due città, due indagini parallele. Stessa vittima, stesso carnefice; stesso scenario: due festini, cocaina da sfondo, e una serie di violenze perpetuate su una ragazza. Storia terribile, “storiaccia” in gergo per chi si occupa di cronaca nera.

La prima è l’ormai famigerata casa dell’imprenditore digitale Alberto Genovese, in carcere a San Vittore con l’accusa di aver drogato e violentato una 18enne nel suo lussuoso appartamento visto Duomo. La seconda è la villa al centro dello scandalo della Bologna bene, dove un gruppo di uomini avrebbe fatto prostituire una minorenne in cambio di soldi e cocaina. L’anello di congiunzione è proprio quella ragazzina che da qualche mese è diventata maggiorenne, coinvolta come presunta vittima nei festini di Bologna e ora testimone di quello avvenuto a Milano lo scorso 10 ottobre. Il suo nome emerge dalle carte del fermo di Alberto Genovese e viene confermato dall’avvocato Donata Malmusi (legale di uno degli arrestati per i fatti bolognesi).

Genovese è il  protagonista di uno stupro ai danni di una diciottenne che partecipava ad una festa nella sua “terrazza sentimento”. Una violenza fisica , psicologia durata dieci ore, con 19 telecamere che riprendevano il tutto ininterrottamente.  E’ stata ammanettata , drogata, legata , abusata , picchiata e tentata di soffocare. Si parla di “rape culture” ovvero cultura dello stupro, normalizzare, giustificare violenze sulle donne. Una storia che indigna profondamente  la sensibilità umana, che offende noi donne, la nostra dignità, la nostra storia. Dopo 5 ore di interrogatorio viene arrestato, con capi di accusa di violenza e sequestro di persona. Genovese dichiara che dopo aver assunto droghe non si rende conto dei gesti e che per lui quella sera era una serata tranquilla con la propria amata. Ma è possibile essere consapevoli di assumere droghe e non esserlo per le conseguenze che potrebbero causare. L’imprenditore sapeva del rischio a cui andava in contro data la sua esperienza di problemi di dipendenza avuti in precedenza di cui ha dovuto riparlare nell’interrogatorio. Ma le persone presenti alle feste è possibile che non abbiano mai notato nulla di strano? Domande che sono state poste dagli inquirenti durante l’interrogatorio; e che ad una prima lettura sembra uno scenario che come protagonisti ha persone che pensano e si comportano come se potessero fare tutto, restare impuniti è un coprirsi fra privilegiati , che si credono parte di un sistema e colpiti da deliri di onnipotenza.

L’avvocato Malmusi, legale di uno degli indagati, che si assume la responsabilità delle proprie dichiarazioni, prosegue dicendo: “Credo che queste ragazze amino stare in certi contesti per i quali non sono all’altezza. Perché sono giovani, perché non hanno una cultura di un certo tipo. Poi quando capita qualcosa vanno a denunciare. Anche la presunta vittima di Genovese (amica della minorenne protagonista di “Villa Inferno”, ndr) quando è andata lì sapeva di andare a un festino di un certo tipo, con gente molto più grande, che probabilmente si sarebbe consumata della droga, quindi consapevole di andare in quel contesto”.

Ma decidere di andare in un contesto del genere non significa, naturalmente, decidere di subire e acconsentire a violenze di alcun tipo.

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