Di Leonardo Ricciardi. Forzare la mano alla natura, a quelle doti naturali che ogni atleta possiede ma che diventano falsate con un aiuto di troppo: una vergogna, un’onta nella vita e nella carriera di un atleta che smette di essere “sportivo” e comincia a far parte di quel non invidiabile esercito di professioni e dilettanti che si chiamano “dopati”, perchè desiderosi, avidi, di assumere sostanze chimiche che migliorano le loro prestazioni non in modo naturale. Una vergogna oltre che un grave pericolo per la loro salute. Hanno varcato il limite: dello sport, dell’onestà, della competizione pulita e sono entrati nell’illecito; portando a casa un trofeo sporco e macchiato.
Si è diffusa molto velocemente tra gli sportivi l’usanza del doping, facendo utilizzo di sostanze che facilitano l’atleta a crescere fisicamente, e lo aiutano a reggere di più il peso degli allenamenti e delle gare.
Nel corso degli anni ci sono stati diversi episodi di doping nello sport, sia a livello agonistico, si a livello amatoriale: con ragazzi che spesso e volentieri per poter assumere le sembianze degli atleti di alto livello, si ritrovano con il tempo a dover assumere delle sostanze come gli steroidi anabolizzanti e l’eritropoietina, che come detto in precedenza aiutano l’atleta a reggere con più facilita l’allenamento e facilitano la crescita muscolare.
Sono molte le sostanze bandite dalla World antidoping, che è l’ente che si occupa del doping a livello mondiale e che sottopone a sorpresa gli atleti con test a sorpresa per verificare se sono state assunte delle sostanze esterne.
Molteplici anche gli episodi nel mondo del calcio, atleti considerati grandi campioni sono stati ritrovati positivi a delle sostanze bandite dallo sport; anche nel nostro campionato di serie A ci sono stati diversi episodi, i più recenti sono il caso di Joao Pedro e il giovane capitano del Benevento Luconi, entrambi dichiarano di aver assunto quelle determinate sostanze in buona fede sotto prescrizione del medico societario.
Il vero problema di queste sostanze sta soprattutto nelle conseguenze di determinate sostanze che se assunte senza un affiancato allenamento rischiano di lacerare i tessuti muscolari, creando così scompensi fisici permanenti; proprio come è successo alla giovane atleta Andreas Krieger, che voleva essere la prima donna nella storia della Germania est a lanciare il peso a 23 metri, Andreas Krieger prima era Heidi Kriger, dichiara che per lei non era semplice da donna esser in un ambiente simile cosi, iniziò a 17 anni a fare uso di sostanze assumendone sempre di più finendo per dover cambiare sesso, poiché si scopri che il suo allenatore per poter aumentare il rendimento le dava degli ormoni maschili a sua insaputa.