Di Sara Scarozza.Quattro anonime valige, logore e in cattive condizioni, nulla di così particolare a prima vista, ma il contenuto di esse lascia tutti sconcertati, i vestiti che comunemente possono contenere sono stati rimpiazzati da pezzi di cadaveri smembrati. La prima valigia è stata trovata il 10 Dicembre da un pensionato all’interno del suo campo lungo l’argine alla base della sopraelevata della superstrada Firenze-Pisa-Livorno, mentre stava facendo una pulizia del suo terreno. Macabro il contenuto rinvenuto, il tronco del busto di un uomo, saponificato. Questo primo rinvenimento ha dato il via ad una caccia da parte delle forze dell’ordine, indagini per riuscire a fare chiarezza che hanno portato alla scoperta, il giorno successivo, di una seconda valigia distante solo 70 metri dalla precedente con all’interno altri resti umani, gli arti inferiori di una persona. Ancora dopo è arrivata la terza e infine, almeno solo per adesso, una quarta ma con una location diversa, il ritrovamento è avvenuto a ridosso del carcere fiorentino di Sollicciano. Ognuna di esse conteneva dei pezzi di una persona, l’Istituto di medicina legale ha dovuto tentare, in modo crudo, di ricomporre i pezzi e tentare di dare un nome alla persona, o alle persone, che hanno subito tale tortura. Sono arrivati alla conclusione che si tratta di due individui, un uomo e una donna, grazie all’impronta digitale rinvenuta dal contenuto di una valigia, hanno identificato i corpi, si tratta dei due coniugi albanesi Shpetim e Teuta Pasho di 54 e 52 anni, che risultavano essere spariti dal 2 novembre 2015, la loro scomparsa era stata denunciata dalla figlia Dorina che abita a Castelfiorito. Un punto interrogativo è stato risolto ma la scia che hanno creato queste valigie ne ha creati davvero molti che aspettano solo di trovare delle risposte. Le piste sono molte come per esempio il fatto che una valigia è stata ritrovata a ridosso del carcere dove prima era detenuto il figlio dei coniugi con una condanna a fronte di spaccio di droga, e si continua con il fatto che il giorno della loro scomparsa sempre il figlio viene rilasciato e caso vuole che le due figlie perdono i contatti con i genitori e non riescono in nessuno modo ad avere loro notizie. Forse il figlio ha fatto un passo troppo lungo rispetto alla sua gamba e un pezzo grosso dello spaccio ha voluto ripagarlo in questo modo, ma ad oggi il movente resta ancora un mistero come il nome della persona che ha commesso tale atrocità. Una cosa è certa, non si parla di avere coraggio ma non avere proprio una mente lucida per ridurre a brandelli i corpi di due persone innocenti, e soprattutto vista l’età, non si potevano difendere neanche nei migliori dei modi. Sadica è la parola giusta per descrivere il colpevole, un sorta di gioco all’interno della sua mente, una caccia al tesoro alla valigia con i resti mancanti dei corpi, che oggi risultano ancora incompleti.