Di Emanuele Mignone.
L’ex numero uno della BCE, Mario Draghi, è stato chiamato dal Presidente della Repubblica a presenziare al Quirinale, per conferirgli il compito di formare un governo che ottenga la maggioranza in Parlamento.
Il Presidente Mattarella, dopo un colloquio con Roberto Fico alla fine del suo mandato esplorativo, si è espresso pubblicamente, annunciando l’urgenza di prendere celermente una decisione per ristabilire una maggioranza politica.
Dichiara Mattarella: “Conto di conferire al più presto l’incarico per formare un governo che faccia fronte con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili” e ha aggiunto che il nostro Paese “richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni, e non un governo con l’attività ridotta al minimo”. Queste ultime dichiarazioni, alla fine della conferenza, denotano la mancata preferenza del Presidente della Repubblica alle elezioni anticipate, rendendo noto il rischio in primis di contagio dato dall’atto di voto e in secundis, che l’Italia non può avere un governo temporaneo dalla minima attività lavorativa per fronteggiare l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
Pochi minuti dopo le parole di Mattarella, il suo portavoce, Giovanni Grasso ha riferito che il Presidente della Repubblica ha convocato per il giorno 3 febbraio, alle ore 12 al Quirinale, il professor Mario Draghi.
Finisce quindi con un netto fallimento il mandato esplorativo affidato al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico. Egli aveva il compito di gestire le consultazioni atte a stabilire o riconciliare una maggioranza parlamentare capace di far andare avanti questo vergognoso teatrino politico, ma così non è stato.
Dure invece le parole di Salvini contro Mattarella: ”Non usiamo la pandemia come scusa per non votare”. Il leghista definisce con rammarico l’accostamento tra l’esercizio della democrazia e il Coronavirus.
Il vero rammarico è quello sentito da noi Italiani, che ci troviamo nuovamente ad assistere alla formazione di un governo che non abbiamo scelto, questo a causa della mediocrità raggiunta dalla classe politica tutta, che, per l’ennesima volta si ridicolizza davanti ai milioni di elettori che anche quest’anno terranno riposte nel cassetto le loro schede elettorali.