Di Fabio Fedeli. Sportività, tattica e gioco di squadra: questi sono i valori, non così comuni quanto crediamo, che ci vengono trasmessi dalla pallacanestro. Sono ormai lontani i tempi in cui la nazionale italiana batteva nell’amichevole preolimpica di Sidney la corazzata USA con campioni del calibro di Allen Iverson, LeBron James, Tim Duncan e Dwyane Wade scrivendo un momento storico nel nostro sport.
Nonostante sia il terzo sport più praticato nel nostro paese, non è mai riuscito a trovare la popolarità ed il seguito che meriterebbe. Il tifoso medio, infatti, predilige seguire la NBA piuttosto che il campionato italiano sia per lo spettacolo che viene offerto da quello americano americano tra partite pirotecniche, continui scambi e gare come quelle delle All Star, sia per la “scarsità” di icone nel basket italiano ed europeo. Questo fenomeno si può notare soprattutto sui più giovani che sono cresciuti col mito di leggende come Michael Jordan, Magic Johnson e Kobe Bryant. Dopo le mille difficoltà affrontate nel post crisi economica, quando il basket italiano stava rialzando la testa e stava finalmente trovando la sua quadratura, ha visto troncarsi la flebile speranza di rinascita a causa del Covid-19 che ha causato l’interruzione del campionato con squadre che, nel migliore dei casi, hanno dovuto vendere i loro pezzi migliori per non fallire come nel caso della storica Virtus Roma dopo sessant’anni di storia.
Ad oggi, nel basket italiano possiamo notare una situazione controversa: se da una parte abbiamo le squadre che falliscono, dall’altra abbiamo le nuove stelle che stanno nascendo e stanno brillando in NBA. Oltre ai già noti ed affermati Marco Belinelli e Danilo Gallinari, fresco di contratto con gli Atlanta Hawks di tre anni per un ammontare di $61.5 milioni, abbiamo Nico Mannion e Niccolò Melli che, rispettivamente con Golden State e New Orleans, si stanno avventurando nel sogno americano nella speranza, un giorno, di rivivere un’altra Sidney 2004.