Di Kevin McManus . Niccolò Moriconi, in arte “Ultimo” nel suo ultimo album ci esorta a mostrare il dolore che si ha dentro,a non celare la sofferenza dell’isolamento,della solitudine, della fine di una storia o di qualunque altra cosa renda la nostra vita più buia di quanto spesso facciamo apparire.
La sua sembra una missione: per esorcizzare il dolore, dobbiamo mostrarlo e non nasconderlo.
Nell’epoca dei social, il giovane artista parla alla sua generazione per invitare a riflettere su come i like di Instagram non debbano convincerci che tutto vada sempre alla grande agli altri e magari mai a noi stessi. Tutti provano dolore, tutti soffrono ed è giusto prenderne coscienza.
Per questo nelle 17 tracce prive di featuring, di questo album, non casualmente intitolato “Solo“ troviamo tanti brani malinconici, molto tristi. Specialmente la prima metà del disco è basata su pianoforte, voce e una sensazione di sofferenza che sembra tramutarsi in depressione, concetto e parola nominato da lui stesso diverse volte nel disco. Il tenore del disco, tremendamente introspettivo, è grigio, come la copertina. Le eccezioni si contano sulle dita di una mano, come “Quei ragazzi“, dall’andamento quasi pop punk, o il singolo “Tutto questo sei tu”,che ricorda la classica canzone d’amore nel pieno del suo stile. Per il resto l’evoluzione di Ultimo viene subito evidenziata dalla creazione della sua nuova etichetta discografica, la Ultimo Records, e quindi il conseguente abbandono della Honiro; Niccolò evidenzia sempre di piu’ una tendenza al canto pulito e melodico e per quanto riguarda invece gli arrangiamenti, oltre al solito pianoforte, troviamo più spazio per la chitarra rispetto ai precedenti album. “Solo” ci mostra un artista estremamente sincero, in primis con se stesso, ci mostra un giovane cantautore che sta prendendo coscienza di sè, che sa raccontarsi e sta imparando a raccontare anche il prossimo.