Di Martina Sambucini. La premessa fondamentale per poterne parlare, è sapere di cosa si tratta. Per evitare fraintendimenti, ecco un promemoria: femminismo non è il contrario di maschilismo. Infatti, se il femminismo nasce come movimento di rivendicazione dei diritti delle donne, il maschilismo non è altro che un atteggiamento sociale e culturale che prevede la superiorità dell’uomo sulla donna. Il problema è proprio questo, spesso i pregiudizi sul femminismo sono causati dalle radici “femmina” e “maschio” di questi due termini, che inducono a pensare che si riduca tutto al binarismo “uomo contro donna”. In realtà,
l’obiettivo generale del femminismo è la parità e l’uguaglianza di genere. Essere femministe/i significa credere che le vite di uomini e donne abbiano lo stesso valore, credere nella possibilità che uomini e donne possano godere delle stesse opportunità e degli stessi riconoscimenti, e soprattuto che appartenere ad un genere non sia più così rilevante in termini di merito e ottenimento di risultati. Questa chiave di lettura del femminismo è sufficiente a capire che è stupido criticarlo, perché riguarda anche gli uomini. Proviamo a definirlo in modo diverso, invece di chiamarlo femminismo usiamo la parola libertà, intesa come libertà di essere. Gli uomini sono liberi di essere? No. Come non lo sono le donne. Essere intrappolati in sistemi, meccanismi, pregiudizi, stereotipi di genere crea un sistema di relazioni basate su cosa non si può essere, perché in questo sistema la differenza non è inclusa nell’idea di uguaglianza. La parità di genere è anche un problema degli uomini perché oggi questi ultimi sono incapaci di chiedere aiuto se in difficoltà per paura di apparire meno maschi, perché in famiglia il ruolo del padre non è considerato al pari di quello di una madre, perché l’idea di successo dell’uomo al quale si deve aspirare spesso lo rende fragile. Non si parla molto di come anche gli uomini siano imprigionati negli stereotipi di genere che li riguardano, ma lo sono. A questo punto, solo quando ce ne saremo liberati, le cose cambieranno per tutti. Se gli uomini non devono essere potenti per essere considerati tali, le donne non si sentiranno in dovere di essere sottomesse; se gli uomini non devono avere il controllo, le donne non saranno controllate. Sia gli uomini che le donne devono sentirsi liberi di essere sensibili, fragili, vulnerabili, forti e liberi di essere. Il genere non costituisce un insieme di valori opposti; è fondamentale per questo iniziare a definirci come individui in società, non come uomo o donna, questo conta solo a livello biologico. Siamo persone, meritiamo di sviluppare la versione migliore e più completa di noi stessi a prescindere dal nostro sesso. Ecco perché ha ancora senso definirsi femministi oggi, perché i ruoli e i rapporti di potere non appartengono alla natura, non sono immutabili, sono frutto della storia, della politica, della cultura e quindi, come tali possono essere modificati. Ne consegue che il femminismo non sia un’ideologia legata ad un momento storico preciso, ma ad una presa di coscienza sul corpo, sulla sessualità, sulla maternità, al raggiungimento di una consapevolezza di se stessi nel mondo, tale da condurre all’obbiettivo di liberarsi da schemi mentali e costruzioni ideologiche che abbiamo ereditato dalla cultura dominante. Insomma, chiamatelo come volete ma questo è femminismo, ed entrare nell’ottica che sia una cosa che riguarda tutti, ci consentirebbe di essere tutti finalmente liberi di essere noi stessi in società.