Di Valeria Piccolo. Ancora una volta la famiglia si trasforma nell’incubo peggiore di tutte le donne e la casa diventa quel luogo ripugnante dove si consumano la maggior parte delle tragedie presenti nel mondo. La vita di un’adolescente si è improvvisamente spezzata a causa di un suo desiderio tipico di quell’età: seguire le mode e affermare la propria personalità. Ma tutto questo come può avere a che fare con la morte di Neha Paswan? La 17enne indiana sognava di diventare una poliziotta, ma ora non c’è più a causa di chi condannava il suo spirito rivoluzionario e la sua personalità tendente alle tradizioni occidentali, già arrivate in Oriente. Lei rappresenta l’esempio più evidente di come i costumi e le tradizioni di un piccolo villaggio arretrato mentalmente la rendino vittima della società e del suo atteggiamento retrogrado. Esistono dei principi morali e dei valori che la società, soprattutto quella asiatica, impone alle donne riguardo l’abbigliamento e trasgredirli equivale a una mancanza di rispetto nei confronti della loro religione. Neha, nata e cresciuta in un piccolo villaggio nel distretto di Deoria, è stata uccisa a bastonate e poi appesa a un ponte dal nonno e alcuni zii per i suoi “comportamenti lontani dall’ortodossia tradizionale” del suo villaggio natale. La ragazza “osava”, dicono i nonni, prendere parte alle preghiere e ai riti religiosi vestita con jeans e t-shirt, invece del “sari” o del tradizionale completo femminile con la blusa e i pantaloni larghi, scelti appositamente per nascondere ogni tipo di forma. Tutto questo accade quando il corpo di una donna viene considerato volgare e provocatorio solo per aver indossato un paio di innocui jeans. Il problema non si concentra nell’oggetto materiale del jeans o della t-shirt, ma nel fatto che il suo essere in bilico tra le tradizioni del mondo orientale e la contemporaneità di quello occidentale non era accettato in casa. Non si tratta di una ribellione adolescenziale, ma di un modo per esprimere il proprio carattere e la propria personalità in un ambiente in cui perfino la famiglia è disposta ad uccidere volontariamente una ragazza per salvaguardare le proprie tradizioni. È giusto avere delle credenze e dei costumi locali, ma ciò non può neanche essere oggetto di discussione riguardo un omicidio di tale portata. Inoltre Neha non ha mai avuto l’opportunità di salvarsi perchè non è mai arrivata all’ospedale, ma il suo corpo, spaccato a bastonate, è stato trasportato da alcuni complici fino alla meta prestabilita dagli assassini, ovvero il ponte a pochi chilometri da casa dove Neha ha visto svanire il sogno di diventare una poliziotta. Dopo la denuncia della madre di Neha, la polizia ha posto in arresto quattro persone tra cui il nonno, due zii e l’autista e ne ha incriminate altre sei, sospettato di aver ricoperto un ruolo fondamentale per l’omicidio della ragazza. Ma tutto questo si poteva evitare? Sicuramente si e non bisogna pensare che la colpa sia stata della ragazza ad aver indossato un abbigliamento poco consono secondo le tradizioni indiane perchè non c’è nessun movente che possa giustificare questo ennesimo caso di femminicidio.
- Autore dell'articolo:Marco Palma
- Articolo pubblicato:24 Novembre 2021
- Categoria dell'articolo:Cronaca nera / DONNA / Femminicidio