Di Isabella Maria Canestri. L’ossessione per una persona può essere legata ad un’esigenza fisica ed affettiva oppure ad un’esigenza discriminatoria, in entrambe le ipotesi la natura è strettamente persecutoria. Secondo lo psicologo Dan Olweus il bullismo si caratterizza per un’azione di prevaricazione fisica o verbale, originata da uno squilibrio di forza o potere, prolungata nel tempo. In sintesi: vi è una vittima e un carnefice. La vittima è succube degli atti persecutori del carnefice che esercita la sua forza fisica o mentale. Comunemente tutti pensano che lo stalking riguarda i casi in cui lo stalker è segretamente innamorato della sua vittima dunque tutto ciò che fa, lo fa per poterla avvicinare: conoscere la sua quotidianità, il suo lavoro, la sua famiglia, le sue amicizie e i posti che frequenta. Il bullismo, al contrario, viene interpretato come un atto di disprezzo e rabbia. E se il bullismo fosse invece una possibile conseguenza dello stalking? Lo stalker sentendosi rifiutato, non desiderato, non amato, potrebbe cominciare a nutrire un sentimento di odio, rabbia, invidia e vendetta nei confronti della vittima. La visione del carnefice cambia: il suo scopo non è più arrivare alla vittima e portarla a sé, bensì vuole isolarla, dividerla dalla sua stessa vita e renderla vuota e priva di ogni caratteristica che prima lo stalker ammirava. Da un momento all’altro lo stalker diventa bullo. Tutto lo scenario cambia, il carnefice non è più considerato pericoloso perché si sa: il bullo nella maggior parte dei casi punta all’attacco emotivo e psicologico. Trattando il caso in maniera statistica nel 79% il bullo non arriva mai all’approccio fisico dunque gli atti discriminatori e persecutori sono verbali. Cosa succede a quel 21%? In questa improbabile, ma non esclusa, percentuale il bullo attacca anche fisicamente. Purtroppo nella marcia e corrotta società in cui viviamo se i numeri di tragedie non superano il 50% non vengono presi in considerazione. Al 21% nei casi di bullismo il bullo aggredisce la sua vittima. Al 100% nei casi di bullismo la vittima, almeno una volta, ha avuto pensieri suicidi. Non serve l’aggressione diretta per poter considerare qualcuno colpevole di omicidio. Con l’articolo 580 del codice penale si riconosce l’istigazione o aiuto al suicidio come atto penalmente perseguibile. Lo stalking e il bullismo non sempre vanno interpretati come atti distinti. Se pur considerati di natura diversa possono covare elementi in comune. Il rapporto interconnesso tra i due fenomeni è particolarmente delicato. La verità: è tutta una questione di squilibrio.