Di Vanessa Fazio. 4 mura, una famiglia, una apparente tranquillità, una felicità che prima c’era e che poi scompare per sempre. Queste sono le condizioni cui moltissime persone sono condannate. Uomini o donne con cui hai vissuto per anni, con cui hai condiviso tutto ciò che la vita ti ha riservato, gioie e dolori. Poi d’un tratto tutto cambia, ti senti prigioniero in casa tua, come in trappola. La violenza tra le mura domestiche è uno dei problemi più gravi della società odierna, perché racchiude molteplici conflitti sociali che si verificano sempre all’interno della stessa area, come la violenza psicologica, la violenza contro le persone lgbt o contro qualsiasi altro membro della famiglia (bambini, donne o anziani). Una associazione chiamata Differenza donna lotta da anni affinché questo fenomeno rallenti e si spera scompaia per sempre. Dal 1989 a oggi, sono state 35.000 le persone accolte e più di 60.000 i bambini e le bambine provenienti da famiglie dove violenze e maltrattamenti facevano parte della vita quotidiana. Oltre a garantire aiuto e sostegno, Differenza Donna ha sempre investito anche nella prevenzione, entrando nelle scuole per sensibilizzare gli adulti di domani e insegnare loro a costruire relazioni autentiche e positive. L’ultimo tragico episodio ha avuto luogo l’8 marzo, e questa volta a pagare con la vita è stata Vincenza uccisa dal marito brutalmente, senza neanche il tempo di difendersi. I figli hanno rilasciato una toccante intervista in cui raccontano tutti gli orrori che hanno vissuto e le insicurezze che il loro padre gli ha provocato. Loro stessi affermano che la madre ha vissuto come una prigioniera per vent’anni subendo soprusi e umiliazione e indirettamente ciò che lei  subiva veniva percepito e compreso anche dai figli. Questo è il problema più grande, le ritorsioni sui figli. Come può un genitore, colui che ti mette al mondo, far sì che tu soffra. I traumi che si subiscono durante l’infanzia sono difficili da scardinare e spesso rimangono dentro di noi per tutta la vita riversandosi su ciò che siamo e su ciò che diventeremo. Esistono però dei momenti in cui si è ancora in tempo per denunciare e fuggire, dei segnali che seppur minimi fanno capire che quello è solo l’inizio del tunnel buio. La prima fase prevede un graduale aumento della tensione caratterizzato da liti frequenti e da tentativi della vittima di disinnescare la tensione, segue poi la fase dell’aggressione, in cui si manifestano i comportamenti violenti, e infine si giunge alla fase del pentimento e della riconciliazione, in cui l’aggressore chiede scusa e si pente del proprio comportamento. In alcuni casi il partner abusante prova vergogna e fa promesse di cambiamento, in altri, invece, colpevolizza la vittima definendola come la responsabile delle azioni che lui ha compiuto. Le conseguenze per le donne sopravvissute a violenza domestica possono essere gravi e profonde e anche più acute se esse sono madri. L’indagine svolta da ISTAT nel 2014 ha evidenziato come più della metà delle vittime soffra di perdita di fiducia e autostima (52,75%). Però tutto può cambiare basta avere coraggio e forza di sconfiggere il mostro. Denunciate, non provate vergogna, la vergogna spetta al carnefice.