Di Federica Chiovini. “Whatever it takes” (costi quel che costi) frase di Mario Draghi pronunciata nel 2012 quando era presidente della Banca Centrale Europea e diventata famosa in tutto il mondo per aver preservato l’euro durante la crisi del debito sovrano europeo.  Poi il 3 febbraio del 2021 in seguito alle dimissioni del governo Conte 2 il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli ha conferito l’incarico di formare un nuovo esecutivo.

L’esecutivo ad oggi non è composto da una maggioranza eletta dal popolo ma da un insieme di partiti che sostengono il governo Draghi solo per fronteggiare l’emergenza Covid e di portare a termine gli obbiettivi del PNRR chiesto dall’Unione Europea.

La situazione ad oggi è che Mario Draghi inizialmente visto come colui che avrebbe messo tutti d’accordo appare come un tecnico prestato alla politica, infatti, negli ultimi mesi l’esecutivo è andato sotto per ben 4 volte in aula su alcuni provvedimenti che sono stati votati in parlamento. Tutto questo perché mettere d’accordo partiti diversi su diversi argomenti come la giustizia, l’immigrazione, le politiche sul lavoro e la riforma fiscale è molto difficile, questo porta  Draghi a governare con compressi e con riforme non incisive ma che accontentano un po’ tutti.

Questa situazione si è creata perché alla fine del governo Conte 2 con la scusa della pandemia si è deciso di non andare a votare. Inoltre tutti i partiti che sostengono Mario Draghi al momento delle elezioni del presidente della Repubblica hanno palesemente dichiarato di non voler Mario Draghi come presidente della Repubblica con la scusa che sono lui sarebbe stato in grado di portare avanti gli obbiettivi prefissati, ma questo ha irritato molto Draghi in quanto è palese che molti partiti lo vogliono tenere li fino a fine legislatura per poi mandarlo via in quanto considerato da molti colui che favorisce le banche e le grandi lobby.

Purtroppo, per tenere in vita questa legislatura fino al 2023 Draghi deve scendere a compromessi con tutti i partiti, soprattutto deve passare sopra ad alcune cose che in altri tempi avrebbero causato la caduta del Governo come ad esempio misure decise ad unanimità al Consiglio dei ministri e al momento della votazione in parlamento gli stessi partiti cercano di modificare o di stralciare alcuni passaggi con emendamenti come la riforma del catasto.

La soluzione a tutti questi problemi è solo una, una nuova riforma elettorale con sistema maggioritario e vincolo di mandato in modo che la coalizione che arriva prima governi per cinque anni tempo minimo per poter fare riforme incisive

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