Di Giulia Cipriano. Corpi che camminano piuttosto che donne. Corpi alla mercé di chiunque, corpi da guardare, commentare, e di cui, perché no, anche predare quando se ne ha voglia. Neanche fossimo carne da macello.
Brave, capaci, ma, prima di tutto, belle. Così Giorgia Meloni, invece di essere giudicata per il suo operato politico, viene definita “una scrofa”, e per di più anche calva. Nel 2005, Berlusconi dichiara: “Sono il primo a volere la presenza delle donne, carine e anche brave, in Parlamento”. Anche brave, come se fosse un requisito opzionale. Questo accadeva, e ci si chiedeva se le donne non fossero entrate in Parlamento per meriti che avessero poco a che fare con le loro competenze. Un’oggettivazione che ha tra le sue vittime perfino le madri costituenti. Teresa Noce, partigiana, veniva definita “miss racchia”. Lina Merlin era invece descritta dai colleghi come “una specie di zitella mascolinizzata”.
Nei media, la donna appare ormai cristallizzata in un corpo deformato, chirurgicamente identico agli altri, messo lì solo per gli occhi altrui. In tv, nei giornali, troviamo sempre più frequentemente immagini di donne, se non di bambine nei panni di donne sensuali con lo scopo di reclamizzare prodotti e servizi.
Il corpo femminile sembra così l’unica caratteristica che possa rappresentare una donna. La bellezza diviene l’unica qualità richiesta. Un corpo senza anima, senza personalità. Totalmente deumanizzato. Un oggetto, a cui tutto è permesso fare, anche approfittarsi di esso. Una totale sessualizzazione, che passa dalle occhiatine fugaci per strada o su un autobus alle forme di violenza più estreme.
E se la società continua a dirti che sei un mero corpo, probabile che finirai per pensarlo anche tu. L’oggettivazione si trasforma in auto-oggettivazione, che molto spesso si manifesta in giovani ragazze, ma non solo, col sopraggiungere di disturbi del comportamento alimentare, come bulimia o anoressia.
La linea del traguardo della lotta di genere è ancora lontana, e questo è purtroppo innegabile. La presunzione di pensare che la nostra sia una società in cui le barriere tra uomo e donna siano state completamente abbattute è un qualcosa che non può appartenerci. Soltanto la consapevolezza e il dialogo potranno contribuire alla costruzione di una società in cui le donne possano essere finalmente le artefici del loro destino. Le protagoniste delle loro vite.